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Luoghi&Territori FVG

~ Esplorazioni partecipate nei paesaggi in trasformazione

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Archivi tag: Marsure

La latteria di Marsure

18 sabato Apr 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni

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allevamento, Aviano, Aziende virtuose, chilometro 0, Marsure, Paesaggio pedemontano

A partire dalla metà dell’800 nella pedemontana l’azione riformatrice dell’Assiciazione Agraria Friulana e una massiccia campagna di informazione riuscirono a modificare in modo radicale il rapporto tra territorio e produzione agraria. L’intenzione di eliminare i vincoli imposti da una organizzazione agraria di antico regime portò alla scomparsa di gran parte del patrimonio pubblico dei pascoli in piano e di quelli di versante più vicini al paese. La promozione dell’allevamento di un animale che produceva moltissimo latte come la vacca introdusse i temi di una stabulazione in stalla e quindi il problema di risorse foraggere famigliari che dovevano essere raccolte e concentrate nel paese.

E’ in questo periodo che nascono le immagini tradizionali delle donne con le gerle che portano sulle spalle enormi carichi di fieno da stivare nel fienile. E’ in questo epriodo che si consolida la tradizione delle slitte da fieno che permettevano di condurre in piano quanto si era sfalciato nelle proprietà che le famiglie avevano acquisito lungo il versante.

La privatizzazione delle praterie inclinate tolse spazio e risorse a ovini e caprini ormai costretti a pascolare solo nei settori più alti del territorio.

Il formaggio di vacca in un primo periodo si diffuse all’interno delle cucine delle singole famiglie che integravano in questo modo la loro dieta alimentare scarsamente proteica. Il formaggio prodotto in questo primo periodo di autoproduzione e di autoconsumo era tenero, a pasta molle, e non permetteva di poter vendere o barattare la risorsa casearia in cambio di altro cibo. La ricotta e una sorta di formaggio salato dovevano essere consumati molto velocemente. Nel frattempo però in Italia si sviluppò una cultura del formaggio stagionato e prodotto da una serie di esperti casari ben istruiti. E’ in questo periodo che attraverso la promozione di forme associative dei produttori di latte si cominciò ad affermare un nuovo prodotto caseario elaborato all’interno di latterie ad ampia base partecipativa di soci.

La prima latteria sociale in Friuli fu fondata il 19 settembre 1880 a Collina di Forni Avoltri. Nel 1890 le latteria erano novanta per raggiungere il tetto di 652 unità nel 1960. Quella di Marsure, originariamente turnaria, è relativamente recente e risale al 1922, con 150 soci. Prima di allora la produzione aveva uno scopo prevalentemente famigliare e integrava la ridotta dieta proteica delle famiglie della pedemontana. L’allevamento era diffuso in pratica in ogni famiglia, mentre oggi i produttori di latte che conferiscono alla latteria sono rimasti solo tre, ma con un numero consistente di capi. In modo non diverso l’offerta casearia si è estesa anche attraverso l’invenzione di prodotti e ricette.

Gli escursionisti di fronte alla latteria

Gli escursionisti di fronte alla latteria

E’ interessante notare come l’attività di produzione del latte abbia costruito una serie di grandi aziende agricole ai piedi dei terrazzi ghiaiosi, lungo quell’asse pedemontano dove un tempo non c’erano costruzioni. La deriva dei bovini li ha portati più vicini alle zone agricole deputate a produrre il cibo per gli animali. Molte di queste aziende, oggi, preferiscono essere esclusivamente produttrici di grandi quantità di latte che vengono vendute alle grandi aziende di trasformazione della pianura padana che giornalmente ritirano il prodotto. Invece, le tre aziende che oggi gestiscono la latteria sociale di Marsure propongono una diversa lettura del rapporto tra territorio e prodotto agricolo. In sostanza hanno dimensionato la produzione di latte sulla dimensione della produzione dei campi in proprietà e in affitto. Il prodotto dei campi viene totalmente impiegato nell’allevamento di vacche da latte e il latte prodotto viene totalmente conferito alla latteria sociale. Qui un numero ridotto di dipendenti diretto dal casaro trasforma il latte in una grande quantità di prodotti caseari che in gran parte vengono venduti nel locale spaccio, mentre le rimanenze vengono fornite a due diversi livelli di distribuzione sul territorio, quello dei commercianti e quello di piccoli e vicini negozi al minuto. Di fatto lungo la pedemontana il successo dell’allevamento bovino dopo il 1850 ha avuto tre stagioni: quella dell’autoproduzione domestica, quella del produzione collettiva del villaggio e quella della produzione aziendale di una filiera corta di produzione e vendita oggi rappresentata dalla latteria sociale di Marsure.

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Intervista a una delle socie della Latteria di Marsure

Non a caso la latteria nei suoi pieghevoli ricorda che il formaggio è fatto con latte a Km 0 ponendo attenzione alla filiera corta tutta dedicata al latte bovino. I prodotti oggi non si limitano al consueto formaggio Montasio, ma presentano anche delle invenzioni non tradizionali come il formaggio salato tipico dello spilimberghese.

L'interno della latteria

L’interno della latteria

Produrre, trasformare e vendere è senza dubbio un impegno gravoso per questi soci, ma allo stesso tempo li rende immuni dai contraccolpi che il mercato del latte, gestito dalle grandi aziende di trasformazione, subisce anche rispetto alla concorrenza internazionale.

Per saperne di più

https://www.facebook.com/LatteriaDiMarsure

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Il paesaggio è attrezzato per produrre cibo per i grandi allevamenti che abbisognano di foraggio, insilati e granaglie

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Una presenza/assenza: i pastori di Aviano

17 venerdì Apr 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni

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allevamento, Marsure, pastorizia

Un fenomeno particolare che riguarda il rapporto tra territorio e presenza di pecore nel comune di Aviano è quello che le greggi non si vedono e si notano poco anche i pastori residenti. Sulle 10,000 pecore o poco più che sono dichiarate in regione nell’ultimo censimento dell’agricoltura più di 4.000 fanno capo a greggi di pastori residenti ad Aviano. Le greggi di Valentino Frison e di Carlo Tassan contano circa 1500 pecore per allevatore eppure non si vedono. Velentino Frison è residente a Marsure e lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua esperienza e per comprendere come sia cambiato il rapporto che il paese intratteneva con questo animale. Nel censimento degli animali ad Aviano del 1830 la pecora era senza dubbio l’animale domestico più diffuso, a differenza di oggi che prevale la vacca. Nell’Ottocento le pecore si vedevano perché il patrimonio animale era distribuito in quasi tutte le famiglie e ogni giorno le pecore venivano portate al pascolo. Nel villaggio la movimentazione di quasi 1200 animali era senza dubbio uno spettacolo pubblico capace di segnare il paesaggio.

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Valentino Frison con Elisa Cozzarini

Oggi invece le 1500 pecore del pastore Frison si muovono quasi sempre al di fuori dei confini del villaggio seguendo una transumanza che ha un itinerario annuale e che porta le pecore dai monti al mare. Non a caso abbiamo incontrato il pastore e non il gregge che in questi giorni era in transito sui territori del maniaghese, Valentino Frison e Carlo Tassan che vantano due principali greggi si muovono su diversi settori alpini, tra il Piancavallo e la Carnia. I percorsi della transumanza hanno assunto un carattere regionale e sono molto diversi quindi dal movimento che gli ovini facevano all’interno dell’orizzonte del villaggio medievale fino alla metà dell’800. Si tratta di una nuova e moderna forma di allevamento ovino del tutto diversa dalla tradizionale, sia per dimensione delle greggi che per la forma aziendale. Questi grandi branchi di pecore nomadi affrontano itinerari ormai storicizzati che portano animali e pastori dalla pedemontana ai pascoli alti del M. Cavallo contribuendo nuovamente a colonizzare zone altrimenti lasciate alle successioni ecologiche. Queste pecore hanno quindi, nella loro assenza, un grande significato ecologico.

I grandi spazi magredili dal medioevo sono sempre stati un punto di incrocio degli itinerari delle transumanze lunghe, ma i recenti vincoli ambientali europei permettono solo il transito degli animali e non il pascolo. Questo ha sollevato un piccolo conflitto che rischia di mettere in crisi proprio gli habitat più instabili. Quelli che se non sono mantenuti corrono il rischio di trasformarsi da un prato magredile in un boschetto ripariale. Se la richiesta dei prodotti a base di carne di pecora, vedi la pitina, dovesse aumentare è evidente che l’aumento delle attività di pascolo potrebbe diventare un utile elemento di contrasto all’espansione del bosco conservando caratteristiche antiche praterie artificiali inclinate tipiche nel versante avianese.

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A Budoia le attività di falcio conserbano il paesaggio delle praterie di pianura mentre i prati del versante sono quasi completamente trasformati in bosco

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Per due anni cercheremo di riconoscere il rapporto che intercorre tra le pratiche alimentari e il paesaggio

08 mercoledì Apr 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni

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Aviano, Esplorazioni, Marsure, paesaggio, pastorizia

Il Cibo produce e trasforma i paesaggi

Letture del paesaggio agrario del Friuli Occidentale

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La campagna di ricerca partecipata, dedicata per il 2015/16 al rapporto tra cibo e paesaggio, vuole attivare un osservatorio sulle recenti trasformazioni dei paesaggi agrari della provincia di Pordenone. La produzione di alimenti per la popolazione, insieme alle attività di estrazione e trasformazione, ha sempre influenzato il modo diretto l’idea che l’uomo ha dell’aspetto formale del territorio. Sul suolo nel tempo si sono succedute numerose forme economiche che hanno di volta in volta interpretato il sostrato geopedologico a volte stravolgendo l’aspetto dei luoghi. Pensiamo per esempio alla pianura arida posta a monte delle risorgive e disboscata nel medioevo per costruire un paesaggio di praterie oggi conservato solo attraverso pochi brandelli di madredi tutelati per legge. Queste zone oggi sono quelle maggiormente infrastrutturate da un punto di vista agricolo, con un disegno colturale che vanta poco più di cinquant’anni. In modo del tutto opposto i grandi pascoli delle Prealpi Carniche, che tra medioevo ed età moderna, permettevano di vendere carne e lana in pianura, oggi stanno diventando delle boscaglie infruttuose.

L’economia, ma anche le mode alimentari, influenza in modo determinante l’evoluzione del paesaggio. Questi cambiamenti sono così lenti che a volte non riusciamo a percepirli, ma percorrere il territorio a piedi ci permetterà di incontrare nuove occasioni di trasformazione e anche qualche occasione di dibattito e critica.

Il cibo da sempre produce paesaggio quindi le scelte di produzione e di modelli di vita influenzano moltissimo le trasformazioni colturali. Cercheremo di approcciare al problema fornendo a noi e a chi ci accompagnerà una lettura diacronica delle trasformazioni paesaggistiche dimostrando che alcuni prodotti che consideriamo storici sono stati inventati poco più di un secolo fa e che anche il concetto di recupero della tradizione a volte propone, nel bene e nel male, dei prodotti molti diversi da quelli originari.

Le campagne producono quello che le città chiedono e oggi che tutto il territorio è di fatto città, soprattutto in contesti densamente abitati come i nostri, la campagna esprime in termini paesaggistici l’idea delle comunità inurbate.

Non è un caso che oggi la campagna bruci cibo per produrre energia che sarà sfruttata nelle fabbriche. Cibo che viene considerato solo come un prodotto che deve lentamente fermentare per produrre gas che sarà trasformato in energia elettrica. In una società complessa come la nostra il rapporto tra cibo e territorio non può che essere complesso e anche in un ambito piccolo come il Friuli Occidentale abbiamo voluto organizzare più di una decina di discussioni peripatetiche su stradine e sentieri per cogliere certezze e dubbi. Lungi da noi l’intenzione di richiedere un passatista recupero della tradizione, il sistema del villaggio medievale autosufficiente non è di certo proponibile, ci limiteremo, invece, ad osservare quello che sta accadendo sul territorio per sollecitare azioni alla politica. Azioni che necessariamente devono muoversi su due fronti paralleli, quello dei produttori e quello dei consumatori. Queste sono due forze che continuamente interagiscono all’interno di un mercato che è sempre più globale, mentre il territorio ha una dimensione locale e micropaesaggistica.

Solo la politica può riuscire a costruire un’idea di futuro che metta in relazione le forze capaci di trasformare l’ambiente delle campagne. Alla politica il compito di promuovere nuovi stili di vita e di consumo come pure di controllare e promuovere le trasformazioni fisiche dei luoghi, in primis attraverso il Programma di Sviluppo Rurale che distribuisce sul territorio gran parte delle risorse dell’Unione Europea.

Il paesaggio non nasce dal caso ed è governato da ideali. Come spiegarsi altrimenti lo sviluppo di molte modalità di produrre cibo nei territori delle frange urbane? Non si tratta di una risposta a uno storico sradicamento del contemporaneo abitare?

Le società sentono sempre di più il significato etico di pratiche sociali di agricoltura e di collaborazione senza per questo rifarsi alle modalità di gestione comunitaria delle risorse agricole in età medievale. Anzi il rapporto “local” con le filiere di consumo responsabile e con l’autoproduzione si inserisce perfettamente in un quadro di consapevolezza che riconosce come la questione dell’alimentazione è un problema globale. Ancora una volta, per noi che proveniamo dall’ambientalismo scientifico degli anni ’70 del secolo scorso, il rapporto con i temi del cibo e dell’alimentazione va vissuto alle due scale: “pensare globalmente e agire localmente”. Ma questo pensiero non può essere privo di un approfondimento che tenga conto di una lettura diacronica e storica rispetto alla produzione del cibo nel nostro territorio.

Quasi tutte le cose che oggi consideriamo tradizione alimentare, vedi il formaggio di latteria, fanno fatica a vantare una storia più vecchia di un secolo. All’interno del disegno agrario bassomedievale che ancora oggi organizza i nostri territori si sono affermate e poi sono scomparse molte attività di produzione e trasformazione del cibo. Il disegno territoriale è rimasto lo stesso mentre la cultura agricola si è continuamente trasformata. E’ difficile descrivere cosa accadeva e si produceva in un determinato ambito del Friuli Occidentale, ma cercheremo di leggere con voi, a piedi, le trasformazioni degli ultimi 200 anni, quelli meglio documentati. Lo faremo anche incontrando chi oggi sta proponendo nuove tradizioni prossime a venire, mettendo i gioco la propria capacità imprenditoriale e i propri ideali personali.

Certamente, pur essendo un territorio di piccola dimensione, non riusciremo a raccontare la storia di tutti, ma ci dovremo limitare a una selezione di casi collocati lungo itinerari che hanno la capacità di rendere esplicita e comprensibile questa lettura diacronica del rapporto tra la produzione del cibo e il paesaggio.

 2015

12 aprile Aviano e Budoia l’allevamento tra tradizione e modernità

 Non sempre le attività di produzione del cibo si legano alla tradizione, ma molto spesso sono frutto di progettualità e di invenzione. Per esempio a metà dell’800 nella pedemontana pordenonese si produssero delle trasformazioni sociali ed economiche che provocarono la riduzione sensibile degli ovini e caprini e la nascita del moderno allevamento in stalla delle vacche da latte. A seguito di questo nacquero le latterie sociali e turnarie che oggi sembrano un elemento tradizionale. In questi anni tra Aviano e Budoia sono stati introdotti allevamenti di bufali che risultano essere tra i pochi presenti in regione, come pure è stata ripresa la produzione di latticini provenienti dall’allevamento della capra, sempre più richiesti. Tra tradizione e innovazione cosa sta cambiando nella pedemontana pordenonese?

 

10 maggio La rinascita culturale di Tramonti

Negli ultimi anni nell’alta Val Meduna si è assistito a una riscoperta identitaria dei luoghi anche attraverso a una ricerca attenta su alcune tradizioni alimentari. La riscoperta della Pitina e del Formaggio del Cit sono esemplari, così come la volontà dell’amministrazione della Villa di Sotto di aprire un forno sociale che produca pane biologico. Attorno alla istituzione del presidio Sloow food della Pitina sembrano ora nascere delle spontanee iniziative di allevamento della pecora in una zona in cui la storica tradizione dell’allevamento ovino aveva visto subire un secco collasso dell’attività. La riscoperta di un cibo è capace da sola di rilanciare anche un paesaggio corrispondente? Mangiando molta pitina aumentano le praterie artificiali? Camminando il territorio ci chiederemo appunto di queste nuove prospettive.

14 giugno Clauzetto

Gli altopiani ricchi d’acqua di Pradis a partire dal ‘600 furono fittamente insediati con decine di borghi di piccola dimensione legati per lo più all’allevamento di pecore e capre. Questa presenza fu in qualche modo organizzata anche in relazione alla produzione di prodotti facilmente vendibili in pianura. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 sorsero le prime latterie sociali che producevano un nuovo formaggio del tipo montasio. Questo cambiò in modo radicale il rapporto con le risorse riducendo il pascolo brado e privilegiando l’allevamento in stalla di vacche che venivano alimentate con foraggio. La crisi di questa economia dopo la seconda guerra mondiale portò a un collasso del sistema economico dell’altipiano. Negli anni ’80 e ’90 furono tentate delle iniziative di modernizzazione (l’allevamento di ungolati selvatici sul monte Pala, coltivazioni intensive di patate, l’acqua Pradis), senza riuscire ad invertire la crisi delle produzioni alpine. Oggi su questi altipiani la ripresa dell’allevamento e di una nuova forma di attività casearia si percepisce come un elemento di continuità rispetto alla recente tradizione.

 

5 luglio Le casere del Cansiglio e la resistenza del formaggio di malga

Complice la facile geografia delle terre alte di Caneva e Polcenigo servita dal 1877 da una importante strada diretta al Cansiglio le malghe dell’altipiano hanno avuto una continuità d’uso fino ad oggi. Alcuni anni fa la crisi di questa attività fu contrastata con un progetto di valorizzazione del formaggio di malga e una generale ristrutturazione delle casere pubbliche. Nel complesso delle diverse esperienze produttive legate al settore caseario oggi ci sono esperienze tradizionali e altre più moderne, come quella di una fattoria didattica estiva (Fossa di Sarone). Visiteremo poi Malga Col dei Scios, Malga Costa Cervera, Casera Fossa di Bena, Casera Cercenedo.

  

20 settembre Caneva: il figo, il vino e gli olivi

Negli ultimi vent’anni i territori della storica “canipa patriarcale” non sono certo diventati il nuovo “Collio” e le trasformazoni territoriali hanno subito fasi alterne di espansione e crisi. Il fitto particellato dei campi ha sempre inibito la costituzione di grandi aziende agricole e dove queste sono state costituite il disegno del suolo è profondamente cambiato. A Caneva è molto facile notare ambienti ben coltivati a fianco di cave di marmorino e a spazi inselvatichiti. Questi accostamenti creano uno stridore paesaggistico impensabile in altri settori del Friuli Venezia Giulia e forse anche l’incapacità di unire il prodotto ai valori positivi del paesaggio anche quando i prodotti sono innovativi e di qualità come quelli del birrificio Valscura di Sarone. Per questo la riscoperta delle coltivzioni di fico, gli impianti moderni di olivo e i vitigni autoctoni sembrano non essere ancora in grado di dare al paesaggio pedemontano un valore superiore a quello della roccia da cava.

 

 

11 ottobre Il Sanvitese e le acque

La conservazione e la protezione di una risorsa importante come l’acqua ha prodotto un importante progetto di forestazione attorno alle prese dell’acquedotto di Torrate. In pochi anni quest’ambiente sta cambiando il suo carattere paesaggistico da aree di agricoltura intensiva a una selva planiziale tornando verso un paesaggio tradizionale. Visiteremo poi un ambiente, quello del cimitero degli ebrei, costruito alcune decine di anni fa con un intento di restauro paesaggistico degli ambienti delle olle di risorgiva. Si tratta di un community garden gestito da volontari e soggetto a un suo speciale processo evolutivo. Da qui raggiungeremo la settecentesca azienda agricola di Braida Curti un tempo al centro di un sistema di risaie oggi scomparse.Attraverseremo poi un tratto di campagna ancora ben conservata per raggiungere Ramuscello, patria della moderna agricoltura friulana da quando Gheraro Freschi iniziò a stampare l’Amico del Contadino nel 1842.

 

 

29 ottobre Da Pinzano al Tagliamento a Travesio attraverso le colline argillose

Le colline argillose della destra Tagliamento in origine erano sfruttate da insediamenti nucleati (Pinzano e Valeriano) posti sui primi depositi ghiaiosi, ma più a monte questo ambiente fu colonizzato con insediamenti lineari e di vertice che si sviluppavano sui crinali più stabili. Insediamenti in equilibrio con condizioni orografiche difficili e oggi difficili da comprendere visto la crisi insediativa e lo spazio conquistato dal bosco.

Nonostante tutto negli ultimi anni in questa zona sono nate delle esperienze molto interessanti che reinventano alcune tradizioni locali (la cipolla della Val del Cosa, i vini autoctoni nuovamente impiantati, il recupero della coltivazione delle mele, l’allevamento delle capre). Visiteremo quindi questi esperimenti di nuova agricoltura nel solco della tradizione.

15 novembre Dopo l’industrializzazione della “bassa”: Panigai, Pramaggiore e Azzanello

La bassa del Friuli Occidentale è divisa tra Veneto e Friuli Venezia Giulia ma da sempre è caratterizzata nei settori della pianura umida da paesaggi piuttosto omogenei. In questo ambiente in antico c’erano tre piccoli feudi Panigai, Frattina e Salvarolo. Queste zone di antico disegno, e caratterizzate da un insediamento diffuso piuttosto antico, hanno visto consolidarsi alcuni centri con carattere anche industriale (Chions e Pramaggiore) e un sistema di agricoltura intensiva legata alla vigna nei territori più asciutti. Le ampie golene del Fiume e del Sile si contrappongono alle piane strutturate dall’agricoltura del vino di Lison. Eppure in questi ambienti ricchi di contrasto si stanno costruendo anche esperienze evolutive legate a un senso sociale dell’agricoltura.

 

29 novembre Orti sociali e agricoltura periurbana a Pordenone

Come può cambiare il rapporto tra città e campagna all’interno della diffusione insediativa della periferia di una città industriale come Pordenone? L’agricolttura periurbana sta diventando una importante occasione per ripensare anche la città e il suo rapporto con il cibo. Con una breve camminata cercheremo di toccare alcune esperienze attorno a Pordenone in cui l’agricoltura diventa anche simbolo di una nuova socialità solidale. Orti urbani, community garden, orti sociali sono segnali espliciti di nuove forme di una agricoltura di prossimità che oltre al valore specificamente produttivo valorizza anche un proprio significato simbolico.

2016

marzo Attorno alle colline di Cavasso e Fanna

Il paesaggio di formazione medievale era centrato su un insediamento sparso e sui limitrofi campi intensamente coltivati. Sul versante dei colli terrazzati si trovavano le coltivazioni di pregio e il pascolo alberato, i versanti settentrionali erano coperti di castagneti per integrare i farinacei, ma oggi quest’ordine è ormai quasi irriconoscibile. Nonostante tutto in quest’area sono sorte due azioni di recupero della tradizione agricola piuttosto interessanti, quella per il recupero della produzione delle mele antiche e quella per il rilancio della produzione della cipolla di Cavasso.

 

aprile I nuovi paesaggi dell’agricoltura industrializzata dell’alta pianura

I paesaggi dell’alta pianura pordenonese vanno considerati tra i più modernizzati dell’intera regione. L’arrivo dell’acqua dopo gli anni ’30, ma soprattutto i nuovi sistemi di irrigazione, ha permesso di costruire un ambiente ricco di nuovi disegni di modernità e di imprenditorialità. Le antiche praterie hanno lasciato il posto a vigne e coltivazioni di pregio. Attività impensabili solo mezzo secolo fa. Con questa escursione visiteremo le aree sabbiose di Ovoledo con l’esperienza oggi un poco in crisi della cooperativa di agricoltori della patata, i territori influenzati dalla continua crescita dei vivai di Rauscedo e le campagne della Richinvelda ormai colonizzate da vitigni forestieri, come il prosecco,

 aprile Le risorgive e gli allevamenti ittici

A partire dagli anni ’60 l’ambito paesaggistico della zona delle risorgive è stato reiterpretato dall’economia per costruire una sorta di distretto produttivo specializzato nell’allevamento industriale della trota. Moltissime aree di risorgiva sono state con il tempo attrezzate con grandi vasche in cemento per l’allevamento di trote provocando anche importanti problemi all’ecosostema delle risorgive. Oggi questa forma di utilizzazione del suolo sembra essere entrata in crisi a causa delle mutate abitudini alimentari che tendono a preferire il pesce allevato in mare. Sono poche le aziende che su questo settore riescono ad essere innovative come l’allevamento di Villanova di San Daniele. Con questa escursione visiteremo gli ambienti un tempo coltivati a prato umido e oggi residuali all’interno della diffusione insediativa costituitasi lungo l’asse stradale della Pontebbana.

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Ricoveri arcaici

07 sabato Feb 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni

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Aviano, Esplorazioni, Marsure, pastorizia

Siamo abituati a considerare le casere una forma insediativa antica, ma in realtà sono una pratica d’uso relativamente moderna. Anche da un punto di vista della presenza degli animali nel tempo la popolazione degli alpeggi è cambiata. In età di antico regime solo le greggi potevano raggiungere i settori più alti del territorio di Marsure. La produzione di latte era marginale perché i prodotti caseari non erano facilmente commerciabili al di fuori del villaggio. La produzione della lana e della carne aveva senza dubbio un maggiore valore. Le strutture edilizie non erano molto attrezzate per la cottura del latte. Erano dei veri e propri ricoveri fatti con basse murature a secco conuna copertura in pali e frasche con forme molto allungate. La pietra che segnava l’ingresso mostra come la chiusura fosse sul lato interno della porta. Quindi quando le pecore venivano chiuse in questi bassi ricoveri il pastore si chiudeva con loro all’interno, senza che ci fosse un locale apposito per gli uomini.

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Poco distante dai ruderi della vecchia casera si trova il recinto per la mungitura realizzato con un basso muro in pietra che probabilmente veniva rialzato con ramaglie secche.

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Coperture arboree

07 sabato Feb 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni

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boschi, Esplorazioni, Marsure, Paesaggio pedemontano

Le superfici del territorio di Marsure poste all’estremo nord ovest precipitavano all’interno del bacino idrografico della Val Caltea e del Cellina. Si trattava di un’area per lo più boscosa già in epoca storica. Un ambiente che nella sostanza si è conservato nel suo contesto paesaggistico anche se non + da escludere che prima delle leggi boschive della fine dell’Ottocento il manto boscoso fosse meno compatto e lasciasse spazio a chiarie soprattutto lungo le direttrici che mettevano in collegamento i pascoli del Tornidor e di Pian delle More con il versante esposto alla pianura.

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Imparare da Marsure: il senso dell’acqua nelle terre alte

10 sabato Gen 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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acqua, Aviano, Marsure, paesaggio, Paesaggio pedemontano, pastorizia

In un territorio calcareo le poche fonti affioranti e i temi della “cattura” dell’acqua piovana erano determinanti per le attività di pascolo su tutto il versante alpino. Per questo motivo quando in età bassomedievale si consolidarono i confini tra comunità di villaggio l’accesso alle fonti idriche divenne un problema di ogni piccolo villaggio. Non possiamo non notare come lungo strade di salita, come quella di Costa longa attrezzate con piccole stagni per l’abbeverata (lame), divennero il naturale confine con il villaggio di Giais e che la mulattiera, poco sotto l’omonima forcella toccava una sorgente attiva quasi tutto l’anno e posta in sostanza sul confine delle due comunità.

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Uno dei rivoli della sorgente è segnato dall’abbeveratoio e dai cippi confinari tra i comuni di Aviano e Barcis

Ancor più evidente è il significato confinario assunto dalla sorgente del Tornidor che divenne il limite confinario trale comunità rurali di Barcis, Marsure e Costa. L’acqua non poteva essere spostata a difefrenza dei cippi lapidei, ma soprattutto doveva dissetare quante più greggi era possibile.

Non è inusuale poi rintracciare nei pressi degli insediamenti pastorali di antico regime pietre incise utilizzate per l’abbeverata, o piccole depressioni impermeabilizzate per costruire degli stagni artificiali oggi ormai scomparsi.

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Pietra scavata per realizzare l’abbeveratoio per le pecore

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Imparare da Marsure: Un bosco… più bosco

10 sabato Gen 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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Aviano, boschi, Esplorazioni, Marsure, paesaggio, Paesaggio pedemontano, pastorizia, trasformazioni

Le superfici destinate a bosco a partire dalla seconda metà dell’800 sono decisamente aumentate seppure fossero storicamente concentrate nella parte del territorio che volge verso la Val Caltea e quindi il bacino idrografico del Cellina. Era impossibile pensare di portare il legname del bosco sulla pedemontana e quindi il bosco veniva affittato a imprenditori capaci di far scendere il legname a Barcis per poi condurlo lungo il canale della Brentella al Noncello e da qui a Venezia. Il legname veniva tagliato in “borre”, quindi la formazione boscosa era tutto fuorchè la fustaia che vedamo oggi. Le borre erano molto simnili ai fasci di legno ceduo che abbiamo incontrato durante l’escursione.

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I tratti meno fitti del bosco sono tenuti a ceduo e favore delle attività casearie

Il bosco era molto meno compatto ma soprattutto era pascolato dalle greggi e quindi sottoposto a un progressivo deperimento. La situazione cambiò radicalmente quando nell’800 le nuove normative forestali vietarono il pascolo in bosco, gli alberi furono usati per produrre carbonella da portare in paese nelle gerle o a dorso di mulo, Da allora il bosco ha chiuso quasi tutte le chiarie che lo caratterizzavano raggiungendo una forma sempre più potente e antagonista ai prati artificiali delle malghe. Un contrasto tra pieni e vuoti che assume anche un valore coloristico molto forte nelle diverse stagioni.

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Il contrasto tra il bosco e le praterie artificiali

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Le moderne fascine del ceduo evocano quelle antiche delle borre dirette a Venezia

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Oggi il fitto manto boscoso è interrotto non più dalle aperte strade della transumanza ma dalle linee elettriche che garantisco i rifornimenti energetici agli impianti e a Piancavallo

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Imparare da Marsure: Il significato dimenticato della forma del territorio

03 mercoledì Dic 2014

Posted by Moreno Baccichet in Luoghi & Territori

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Aviano, Esplorazioni, Marsure, Paesaggio pedemontano

marsure

Questa nuova esperienza di esplorazione partecipata del territorio vuole descrivere i fenomeni di crisi e di modernizzazione su uno spazio territoriale che a molti sembra in equilibrio e dove invece negli ultimi 60 anni è cambiato tutto. L’interesse è quello di rendere evidente con le escursioni e poi con lo scritto, all’interno di un libro su Marsure, quelle che sono delle trasformazioni lente, quasi impercettibili, nascoste.

Le quattro esplorazioni territoriali non seguiranno un itinerario particolare, ma si muoveranno su scelte che i componenti del gruppo faranno di volta in volta applicando la tecnica della “deriva”. Si tratta di passeggiate prive di una meta o di un percorso precostituito e finalizzate ad una esplorazione spontanea dello spazio. I luoghi attraversati sono relativamente piccoli e saranno percorsi sviluppando discussioni e interpretazioni sullo stato/senso dei luoghi e sulle loro prossime evoluzioni.

L’idea è quella di organizzare quattro escursioni su quattro aree paesaggistiche interessanti dello storico territorio della comunità di villaggio di Marsure

1 I pascoli e i boschi alti. Domenica 7 dicembre, Ritrovo a Gastaldia di Aviano sulla strada per Piancavallo, ore 9,00. La fine dell’esplorazione è prevista per le 13,30

2 La sponda della scarpata. Domenica 14 dicembre. Ritrovo a Gastaldia ore 9,00 fine 13,30

3 I bastioni calcarei. Domenica 18 gennaio. Ritrovo in piazza a Marsure, ore 9,00. La fine dell’esplorazione è prevista per le 13,30

4 Il paese e l’alta pianura. Domenica 25 gennaio. Ritrovo in piazza a Marsure, ore 9,00. La fine dell’esplorazione è prevista per le 13,30

L’escursione si svolge d’inverno perché l’assenza di fogliame permettere di scorgere meglio i segni sopravvissuti delle antiche forme d’uso del territorio. Viste le temperature e il fatto che il buio scende relativamente presto si è previsto di non pranzare all’aperto. Quindi faremo in modo di chiudere l’escursione nella mattinata e poi di andare a mangiare insieme qualcosa di caldo in qualche vicina osteria.

Nelle esplorazioni avremo come ausilio vecchie e nuove cartografie che ci influenzeranno nella scelta dei percorsi per la loro intrigante e implicita lettura ideologica dei luoghi. Il territorio non è la mappa e la mappa non è il territorio e noi lo esploreremo cercando di sviluppare visioni multiple dello spazio di Marsure.

Metteremo in atto le escursioni solo con il bel tempo. Non sono previste prenotazioni. Basta presentarsi all’appuntamento. In caso di problemi o per informazioni chiamate Moreno 3408645094.

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