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Luoghi&Territori FVG

~ Esplorazioni partecipate nei paesaggi in trasformazione

Luoghi&Territori FVG

Archivi tag: Esplorazioni

A Braida Curtis una mattinata nella terra di mezzo tra Torrate e Bagnarola

06 sabato Gen 2018

Posted by Walter Coletto in Appunti di Viaggio, documenti, Luoghi & Territori

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Esplorazioni, fotografia, paesaggi

Il sistema aziendale che mantiene un territorio complesso e delicato, anticamente in questi terreni si coltivava il riso, ed ancora oggi: sebbene gli interventi di bonifica abbiano migliorato la lavorabilità dei terreni, la presenza dell’acqua, anche negli strati superficiali è evidente.

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Un sistema di coltivazione dove l’acqua ha bisogno di essere gestita.

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La storia delle antiche risaie si ritrova nei sistemi di gestione delle acque.

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I resti di una storia infrastrutturale che ha segnato ed in qualche modo diviso il territorio è stata riassorbita dalla natura, ma presenta ancora evidenti elementi.

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Forme di utilizzo del territorio che presentano incongruenze come la semina in territori umidi di colture poco adatte come l’orzo o la vite e la messa a dimora di un bosco con una non chiara prospettiva.

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I resti di una risaia fossile.

Sistema di scolo delle acque
Sistema di scolo delle acque
La risaia
La risaia
La risaia
La risaia
La risaia
La risaia
L'argine che racchiude il campo
L’argine che racchiude il campo
Resti del canale di scolo
Resti del canale di scolo
Sistema di scolo delle acque
Sistema di scolo delle acque

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Orti Urbani e Orti Sociali luoghi di integrazione e alimentazione.

14 domenica Mag 2017

Posted by Walter Coletto in Appunti di Viaggio, Luoghi & Territori, orti, Urbanistica

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Tag

Esplorazioni, fotografia, paesaggi

Questa volta siamo partiti dall’orto che non c’è.

Questo è quello che avremmo trovato se il progetto proseguiva:

Cartello di invito alla partecipazione
Cartello di invito alla partecipazione
Volontari al lavoro
Volontari al lavoro
Lavorano proprio tutti
Lavorano proprio tutti
Le aiuole appena completate
Le aiuole appena completate
I primi prodotti
I primi prodotti
Aiuola con produzione
Aiuola con produzione
L'erba tagliata a isole nello spazio sgambatura cani
L’erba tagliata a isole nello spazio sgambatura cani
Una delle panchine ricavata dagli sfiati dei garage
Una delle panchine ricavata dagli sfiati dei garage

Questo è quello che abbiamo trovato:

L'itinerario si confronta su carte di anni diversi e con storie diverse.
L’itinerario si confronta su carte di anni diversi e con storie diverse.
Il gruppo pomotore si racconta
Il gruppo pomotore si racconta
riferimenti bibliografici
riferimenti bibliografici
Quì c'erano le aiuole
Quì c’erano le aiuole
La panchina non c'è più
La panchina non c’è più
Quì c'erano le aiuole
Quì c’erano le aiuole
La sgambatura cani è tornata al taglio classico
La sgambatura cani è tornata al taglio classico
Alcuni dei promotori.
Alcuni dei promotori.

Il giardino delle rose:

Presentazione del Museo delle Rose
Presentazione del Museo delle Rose
Villa Galvani
Villa Galvani
Inizio della visita
Inizio della visita
Visita alle aiuole
Visita alle aiuole
ogni rosa ce ne sono piu di 150 è identificata da un cartellino che ne fornisce le informazioni essenziali
ogni rosa ce ne sono piu di 150 è identificata da un cartellino che ne fornisce le informazioni essenziali
Aiuola sul retro del Nuseo
Aiuola sul retro del Nuseo

L’orto di villa Carinzia, come strumento di risocializzazione e coinvolgimento:

Cartello di presentazione dell'orto
Cartello di presentazione dell’orto
Aiule lavorate
Aiule lavorate
Incontro con i gestori
Incontro con i gestori
Aiuole in produzione
Aiuole in produzione
La serra
La serra
Il padiglione nel parco
Il padiglione nel parco
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La fontana
La fontana
Le cariole deglioperatri e sullo sfondo il semenzaio
Le cariole deglioperatri e sullo sfondo il semenzaio
La serra piccola
La serra piccola

Tra un’orto e l’altro il territorio

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L’orto di Borgo Meduna come spazio condiviso, da varia umanità:

Incontro con gli utilizzatori
Incontro con gli utilizzatori
il deposito
il deposito
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Una buona produzione è anche fatta di precisione.
Una buona produzione è anche fatta di precisione.
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Lacerti di storia:

Cimitero di Borgo Meduna
Cimitero di Borgo Meduna
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Cavalcavia dell'autostrada
Cavalcavia dell’autostrada
Villa
Villa
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Lavatoio con palme davanti a Villa Cattaneo
Lavatoio con palme davanti a Villa Cattaneo
La campagna lavorata davanti a Villa Cattaneo
La campagna lavorata davanti a Villa Cattaneo

La zona industriale di Valle Noncello:

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L’orto come mezzo di accoglienza e strumento di comunità:

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L’orto delle Coccinelle luogo di integrazione oltre che di alimentazione:

L'orto delle Coccinelle dalla Provinciale
L’orto delle Coccinelle dalla Provinciale
L'orto delle Coccinelle dalla Provinciale
L’orto delle Coccinelle dalla Provinciale
L'accoglienza
L’accoglienza
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Non tutte le aiuole danno verdura
Non tutte le aiuole danno verdura
La serra Autocostruita
La serra Autocostruita
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Una piccola esperienza dentro la città:

Valle Noncello
Valle Noncello
Valle Noncello
Valle Noncello
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Il gestre della Fattoria Sociale
Il gestre della Fattoria Sociale
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L'itinerario si confronta su carte di anni diversi e con storie diverse.
L’itinerario si confronta su carte di anni diversi e con storie diverse.
Il gruppo pomotore si racconta
Il gruppo pomotore si racconta
riferimenti bibliografici
riferimenti bibliografici
La sgambatura cani è tornata al taglio classico
La sgambatura cani è tornata al taglio classico
Quì c'erano le aiuole
Quì c’erano le aiuole
Alcuni dei promotori.
Alcuni dei promotori.

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Andando per Orti e Paesaggio nella periferia Nord della conurbazione Pordenonese

03 mercoledì Mag 2017

Posted by Walter Coletto in Appunti di Viaggio, Esplorazioni, Luoghi & Territori, orti

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Esplorazioni, fotografia, paesaggi

Tra orti sociali, hotel per insetti, orti biologici, brughiere dimenticate, resti di un agricoltura del passato con i suoi sistemi di irrigazione a canaletta, rovine di edifici mai nati, capannoni decorati, attività abbandonate, coltivazioni estensive ed intensive, nuove colonizzazioni del Glera  e dell’Ulivo, orti giardino fortificati, e steppe sconfinate ammirate da paleo dossi assolati o sotto pioppi secolari, cave immense nascoste da siepi sempreverdi, il tutto condito da varia e colta umanità.

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Una domenica tra orti e vecchi approdi lungo il Noncello

16 domenica Apr 2017

Posted by Walter Coletto in Appunti di Viaggio, Esplorazioni, Luoghi & Territori, orti

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Esplorazioni, Fotografie, orti, paesaggi

Struttura del vecchio mulino di Porcia
Struttura del vecchio mulino di Porcia
Struttura del vecchio mulino di Porcia
Struttura del vecchio mulino di Porcia
Canale Brentella a Porcia
Canale Brentella a Porcia
Orto privato a Rorai
Orto privato a Rorai
Orto privato a Rorai con pollaio
Orto privato a Rorai con pollaio
Orto privato a Rorai serra
Orto privato a Rorai serra
Orto privato a Rorai serra
Orto privato a Rorai serra
Orto privato a Rorai
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Orto privato a Rorai
Orto privato a Rorai
Orti sociali a Rorai
Orti sociali a Rorai
Orti sociali a Rorai
Orti sociali a Rorai
Orti sociali a Rorai
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Orti sociali a Rorai ricovero attrezzi
Orti sociali a Rorai ricovero attrezzi
Orti sociali a Rorai
Orti sociali a Rorai
Orti sociali a Rorai ricovero attrezzi
Orti sociali a Rorai ricovero attrezzi
Parco dei laghetti di Rorai
Parco dei laghetti di Rorai
Parco dei laghetti di Rorai
Parco dei laghetti di Rorai
Largo Cevignano
Largo Cevignano
Largo Cevignano l'orto sociale
Largo Cevignano l’orto sociale
Largo Cevignano l'orto sociale
Largo Cevignano l’orto sociale
Lago della Burida
Lago della Burida
Canale di scarico del Lago della Burida
Canale di scarico del Lago della Burida
Lezione di Botanica
Lezione di Botanica
Area umida lungo il Noncello
Area umida lungo il Noncello
Area umida lungo il Noncello
Area umida lungo il Noncello
Area umida lungo il Noncello
Area umida lungo il Noncello
Prati sulla scarpata che scende al Noncello
Prati sulla scarpata che scende al Noncello
Salice
Salice
Prati e coltivi nella bassura del Noncello
Prati e coltivi nella bassura del Noncello
Prati e coltivi nella bassura del Noncello
Prati e coltivi nella bassura del Noncello
Lezione di storia
Lezione di storia
Confluenza tra la Brentella ed il Noncello
Confluenza tra la Brentella ed il Noncello
Viadotto Autostrada
Viadotto Autostrada
Prati e coltivi nella bassura del Noncello
Prati e coltivi nella bassura del Noncello
Approdo lungo il Noncello
Approdo lungo il Noncello
Dossi e muttere
Dossi e muttere
Tesa cavi in vigna
Tesa cavi in vigna
Ruote del Ranghinatore
Ruote del Ranghinatore
Collina piatta a Portovieli
Collina piatta a Portovieli
L'approdo di Portovieli
L’approdo di Portovieli
La discesa a Portovieli
La discesa a Portovieli
Noncello
Noncello
Lavorazioni nella valli
Lavorazioni nella valli
Lavorazioni nella valli
Lavorazioni nella valli
Lavorazioni nella valli
Lavorazioni nella valli
Platano capitozzato
Platano capitozzato
Filare di platani capitozzati
Filare di platani capitozzati
Riposo
Riposo

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Tradizione e innovazione: a piedi tra Caneva e Polcenigo

18 venerdì Nov 2016

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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Boschi di nuova formazione, chilometro 0, cibo, Esplorazioni, Luoghi&Territori, Moreno Baccichet, paesaggi, prodotti tipici, Turismo culturale

Domenica 20 novembre 2016

Ritrovo ore 9,00 presso il parcheggio del castello di Caneva

Negli ultimi vent’anni i territori della storica “canipa patriarcale” non sono certo diventati il nuovo “Collio” e le trasformazioni territoriali hanno subito fasi alterne di espansione e crisi. Il fitto particellato dei campi ha sempre inibito la costituzione di grandi aziende agricole e dove queste sono state costituite il disegno del suolo è profondamente cambiato. A Caneva è molto facile notare ambienti ben coltivati a fianco di cave di marmorino e a spazi inselvatichiti. Questi accostamenti creano uno stridore paesaggistico impensabile in altri settori del Friuli Venezia Giulia e forse anche l’incapacità di unire il prodotto ai valori positivi del paesaggio anche quando i prodotti sono innovativi e di qualità come quelli del birrificio Valscura di Sarone. Per questo la riscoperta delle coltivzioni di fico, gli impianti moderni di olivo e i vitigni autoctoni sembrano non essere ancora in grado di dare al paesaggio pedemontano un valore superiore a quello della roccia da cava.

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Percorso

Come arrivare: Per chi arriva dall’autostrada consigliamo di uscire a Sacile Ovest e raggiungere in pochi chilometri la piazza di Caneva. Da qui si sale seguendo le indicazioni turistiche che indicano il castello. A un certo punto bisogna prendere una deviazione stretta a destra che porta al Castello e all’agriturismo al Pissoler, una strada sterrata che conduce al grande parcheggio inghiaiato ai piedi della salita che porta al castello. Lasceremo qui le macchine.

Tempo di percorrenza: 7 ore lunghezza 10 chilometri

Grado di difficoltà: nessuno, perché gran parte del percorso è su strade campestri poco trafficate

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Motivazioni per la scelta dell’itinerario

L’ultima escursione del 2016 si svolge su un tratto di pedemontana investito dai colori dell’autunno. Qui abbiamo riconosciuto alcune iniziative di “nuova agricoltura” che sembrano cambiare rotta ed indirizzo rispetto al passato. In un paesaggio sconvolto dalle cave visiteremo aziende agricole moderne dedicate alla cura della terra con un contrasto di non poco conto.

Alcuni comuni della pedemontana (Polcenigo e Budoia sono riusciti a conservare il loro paesaggio integro dalle grandi erosioni delle cave, Caneva invece ha puntato parte della sua economia sulle attività di demolizione delle rive calcaree un tempo coltivate intensamente. Non sarà facile veder chiudere queste attività anche se lo sviluppo sempre maggiore delle attività di riciclaggio del materiale da demolizione sta riducendo i guadagni per queste attività.

Anche le aziende industriali sentono la crisi ma siamo ancora lontani dal riconoscere che si può ripartire a rilanciare l’economia dell’area proprio dall’agricoltura e dall’allevamento come sta accadendo in altri brani della pedemontana trevisana. Nel  Soligo l’agricoltura di qualità ha progressivamente riconquistato spazio e attrezzato aziende moderne.

Queste aziende sono con la loro carica di trasformazione e innovazione sono le avanguardie di una riscoperta del valore del paesaggio agrario di queste zone?

Descrizione dell’itinerario

Il castello di Caneva oggi sembra sorgere sopra un colle selvatico, oggi segnato da grandi cave, un ambiente molto diverso da quello che doveva presentarsi quando il Patriarca di Aquileia si trovò a fondare una sua fortezza posta nelle mani di un insieme di fedeli armigeri (una abitanza). Il nome della località ricorda la fortificazione per essere anche il centro di raccolta dei prodotti che il territorio e i contadini dovevano fornire al loro signore. Il castello fu posto sopra il colle per essere meglio difeso e si configurava come una densa e fitta cittadina che influenzava tutto l’intorno con le attività agricole. Possiamo ben immaginare che non ci fossero spazi non utilizzati per garantire un minimo di produzione agricola. Un ambiente, quindi, molto diverso da quello che vediamo oggi.

Da qui, percorrendo una stradina ai piedi delle cave, toccheremo un punto particolare della geografia del Col de Fer, il punto in cui il calcare non è più ricoperto da un abbondante strato di terre fertili e che segnava originariamente il passaggio tra il paesaggio dei coltivi e delle vigne a valle, e quello dei prati pascolo a monte.

Qui vedremo come alcune delle originarie aziende mezzadrili si sono evolute costruendo delle filiere produttive centrate sul vino, ma anche sull’olio, sui fichi, ecc

Nonostante tutto ci muoveremo in un ambiente per lo più abbandonato al selvatico, che presenta ancora molti problemi rispetto ai temi della rigenerazione dell’agricoltura.

Percorrendo il colle da Ovest verso Est ci troveremo alti sopra la dispersione insediativa di Sarone che attraverseremo con la vista delle cave per raggiungere il piede dell’ultima cava di Caveva. Qui in un paesaggio dal sapore di non luogo si è insediata una interessante esperienza di produzione di birra di qualità. Nell’ambiente anonimo di un piazzale di cava si assaggiano birre artigianali di grande livello creando uno scarto incredibile nelle percezioni. La cava della LIvenzetta era un luogo di estrazione storico e anche se recentemente è stato demolito la storica fornace per la calce, rimangono ancora alcune opere della presenza proto industriale.

La cava prende il nome dalla vicina sorgente della Livenzetta celebrata in alcuni bellissimi quadri di Luigi Nono come uno dei siti pittoreschi della lettura romantica del paesaggio pedemontano.

I suoi quadri hanno la capacità di evocare il punto esatto in cui la linea delle risorgive tocca quella del piede dei monti descritti come glabri nei suoi dipinti. Oggi la componente paesaggistica che senza dubbio manca è quella dei pascoli che un tempo erano così importanti per la sopravvivenza delle attività agricole.

Questo è uno degli elementi che contraddistingue la pedemontana di Polcenigo e Caneva da quella di Budoia e Aviano oggetto della prima esplorazione della nostra carovana. Li la presenza degli animali è ancora consistente e in parte questi sfruttano ancora i versanti e l’altipiano, qui, invece, l’allevamento ha scarsissimo valore nonostante il censimento del 1868 dimostri che il popolamento degli animali era davvero consistente.

Censimento dell’agricoltura del 1868

  cavalli muli asini tori vacche giovenche buoi vitelli bufali pecore capre Maiali
Caneva 51 46 27 2 389 78 300 530   767 18 182
Polcenigo 22 8 63 2 599 19 354 172   930 51 145

 

La popolazione di pecore e capre era in quel momento in diminuzione rispetto al periodo di antico regime, mentre i bovini stavano aumentando perché oltre ad usarli per il lavoro dei campi (vedi il numero consistente di buoi) si cominciavano a tenere in stalle le vacche per produrre il formaggio vaccino.

Nonostante le forti produzioni agricole durante l’estate permettessero di garantire l’allevamento di diversi maiali, questi non raggiungevano il numero delle famiglie insediate. L’allevamento del maiale nella corte agricola, a differenza di quello antico e pastorale diventava nel villaggio uno status simbol.

Se fin dal medioevo o poco dopo si pensò di costruire mulini già sulle sorgenti della Livenza sfruttando il fatto che la portata d’acqua era costante, le vasche di carico solo nella seconda metà del Novecento diedero l’occasione, qui come altrove, di pensare allo sfruttamento dell’acqua per allevare trote. Alla sorgente della Livenzetta è successo proprio questo. Da luogo romantico si è trasformato in un luogo di produzione. Oggi l’attività di allevamento è indirizzata verso la produzione di trota biologica e a questa è affiancata una attività di ristorazione.

Dalla Trota Blu percorreremo con attenzione la strada provinciale per raggiungere la più famosa delle sorgenti del Livenza, quella della Santissima, che visiteremo seguendo il percorso delle opere di land art di Humus Park.

Il sito del Palù e importante ancor di più per alcuni caratteri invisibili da un punto di vista paesaggistico. Camminando a fianco delle acque noi ci muoveremo su terre solide che così non erano qualche migliaia di anni fa. Terre da circa un secolo regolate da un sistema artificiale di paratoie che permette di controllare la quantità di acqua in questo polmone di verde liquido. Ma in età neolitica questo spazio era un grande lavo poco profondo, nel quale era insediato un villaggio palafitticolo. L’acqua garantiva cibo, ma soprattutto la sicurezza rispetto agli animali selvatici.  Il paesaggio del primo insediamento in questa zona era completamente diverso. Qui l’uomo si confrontava ogni giorno con la necessità di espandere le proprie iniziative di colonizzazione agricola e il pericolo di un ambiente ancora selvaggio. Questi valori ora sono riconosciuti dall’inserimento dell’area che attraverseremo nel patrimonio dell’Unesco.

Da qui, scendendo lungo il primo tratto del Livenza raggiungeremo la zona delle marcite ripristinata alcuni anni fa dalla Provincia di Pordenone e ora trasferita al servizio regionale che si occupa di parchi e biodiversità. In effetti anche qui la costruzione nella seconda metà dell’800 di uno speciale ambiente antropico ha provocato la costruzione di un ambiente naturale del tutto speciale. Oggi questo spazio e la sua specialità di prateria umida a confine con quello che resta delle praterie aride versa in uno stato di crisi. Le opere di adduzione sono ancora presenti ma nessuno irriga questi campi con le modalità dell’agricoltura foraggera della bassa milanese.

Dalla confluenza della terza sorgete del Livenza attraverso il Gorgazzo raggiungeremo il colle di San Floriano che negli anni ’70 divenne Parco Agricolo con un anticipo incredibile rispetto ai temi dell’educazione al valore dell’agricoltura.

Anche qui la crisi dell’ente intermedio e il trasferimento di competenze alla Regione ha fatto si che il colle, proprietà della Fondazione Bazzi, fosse di fatto abbandonato. Da circa due anni la fondazione lo ha affittato a una cooperativa, la Controvento di Mestre che ci ospiterà nella seconda foresteria per presentare il nostro nuovo libro e per finire la giornata mangiando un po’ di cibo prodotto nel parco agricolo, che oggi si sta lentamente trasformando in una azienda agricola di valore.

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Alcuni dei prodotti che incontreremo

 

Figo moro

Una presenza vegetale importante nel paesaggio della pedemontana è quella del fico che in questa zona ha un carattere particolare, con piante a portamento basso e frutti piccoli, a goccia e con buccia scura.

Una testimonianza storica ci ricorda come il fico qui e in Friuli contribuisse alla economia delle famiglie come cibo per gli animali: “Ficus carica L. Urticee. Fico, fr, Fijàr la pianta, Fì il fruttò. — Si possono dare le foglie ai bovini. I frutti guasti si danno ai maiali od altri animali e possono servire per ingrassare gli uccelli di bassa corte. Dopo estratto il mosto vinoso dalle frutta, i residui sono mangiati volentieri dai ruminanti”[1].

Recentemente un consorzio si è mosso per cercare di dare a questi esemplari una nuova utilizzazione potenziando la produzione e caratterizzando questo prodotto tra quelli tradizionali tanto che l’ERSA lo ha riconosciuto. (http://www.ersa.fvg.it/divulgativa/prodottitradizionali/vegetalinaturaliotrasformati/figomoro).

Il figomoro è stato così rilanciato

 

 

Il verdiso

Il vino verdiso era molto diffuso nella pedemontana sacilese e cenedese, ma negli ultimi anni la sua piantagione è quasi del tutto scomparsa a favore del debordante prosecco. Nell’800 la situazione era del tutto inversa. L’azienda Agricola Col de Fer è una delle poche che continua ostinatamente a proporre questo vitigno tradizionale

 

La birra

Nel pordenonese, storicamente, le birrerie erano un fatto urbano. A Pordenone e a San Vito la Birra Pordenone, Birra Momi, facevano scuola proponendosi anche con gli spacci locali, esattamente come a Udine la Moretti. L’acqua era quella di pozzo della zona delle risorgive della città. Un’acqua in parte compromessa. Per contro la birreria Val Scura, una delle migliori della provincia, propone la sua particolarità centrando l’attenzione proprio dall’acqua che scaturisce dal compatto altipiano calcareo del Cansiglio. Cultura della birra e prodotti sono invece tutti esogeni al territorio.

 

Le marcite

Durante l’escursione visiteremo anche le marcite del Gorgazzo-Livenza. Queste opere che permettevano di produrre molto più foraggio arrivarono in questo settore del territorio solo sul finire dell’800 su pressione degli agronomi più moderni come ricorda questo comunicato dell’Associazione Agraria Friulana: “Si è già annunciato nel Bullettino come, alla prossima adunanza generale dell’Associazione agraria Friulana, la Presidenza intenda di proporre  che a spese dell’Associazione stessa vengano nella imminente primavera inviati  in Lombardia alcuni dei nostri più intelligenti contadini (una diecina od anche di più) allo scopo di far loro vedere in pratica i vari sistemi di agricoltura perfezionata e quelli in ispecialità che concernono le irrigazioni e le marcite, per cui la detta regione è, non solo in Italia, ma in tutta Europa tanto meritamente celebrata”[2].

 

L’olivicoltura

Negli ultimi anni vediamo come sulle colline di Caneva e Polcenigo ricomparire estesi impianti di olivo che erano stati messi in crisi dalla cosiddetta “piccola era claciale” sviluppatasi tra il XVI e il XIX secolo. Nella sentire comune si fa riferimento a una improvvisa scomparsa dell’olivo nella pedemontana a causa delle gelate del febbraio del 1929, ma fino a quella data si continuava a ricordare un’altra tremenda gelata, quella del 13 febbraio del 1782: “La zona  udinese che dal territorio a est di Cividale va pel Collio  sul Goriziano, si dedicò sempre alla cultura dell’olivo, e per ritrarne frutta è per taglio di rami ricercati alla vigilia della festività delle Palme.  Anni fa si fecero molte meraviglie per il prezzo eccessivo che si pagarono i rami d’olivo in occasione della festa delle-Palme (…) e l’effemeride di oggi si riferisce precisamente al gran freddo del 13 febbraio 1782 e conseguente danno alla produzione degli olivi come ne parla Sturolo («Delle cose di Cividale»  e Manzano (Annali, vol. VII)”[3].

 

Le aziende che visiteremo

Agriturismo Al Pisoler

Si tratta di un recente agriturismo che fa capo a una azienda agricola che ha terreni e coltivazioni distribuiti anche lontano dal sito. La specialità dell’azienda è centrata sulla produzione di carne di fagiani e maiali, che integra con pollame e altri animali di bassa corte.  Tutta l’azienda è centrata nella produzione di prodotti per la vendita e il consumo nell’agriturismo.

 

 

Rive Col del Fer

Nata come una azienda vitivinicola sta ora differenziando la propria produzione integrandola con l’olio e il figomoro. Fin dall’inizio si è caratterizzata per la vendita diretta del prodotto e lo stasso sta facendo con le nuove produzioni, quella dell’olio e quella del figomoro. In questa nuova immagine dell’azienda si fa molto conto sulla proposta che tutti i prodotti sono manufatti, esaltando, per esempio la raccolta a mano.

 

Az. Agr. Bruno Casagrande

L’azienda costruita da un importante imprenditore pordenonese anche per differenziare gli investimenti ha assunto fin da subito un carattere di innovazione per la produzione di vino e olio biologico. E’ senza dubbio la porzione della piccola collina più strutturata e ridisegnata dall’agricoltura. Anche in questo caso è interessante segnalare la presenza di uno spaccio interno dei prodotti aziendali.

 

Birrificio artigianale Val Scura

Nel pordenonese il birrificio Valscura è uno dei migliori anche se come per gli altri l’impatto sull’agricoltura è decisamente piccolo. Infatti la quasi totalità dei mastri birrai del Friuli Occidentale importa materia prima dal Nord Europa e non ha costruito una filiera locale. Questa incapacità di alimentare con l’agricoltura una produzione agricola orientata per la fabbricazione della birra era una critica che veniva fatta ancora nell’800. Sarà una questione da dibattere anche con i produttori mentre osserveremo lo strano paesaggio postindustriale che fa da contorno allo spaccio.

 

Trota Blu

Trota Blu srl è un ristorante, ma ancor prima un allevamento. Le due strutture si sono unite nel 2013 e sfruttano il prodotto locale e quello degli allevamenti Salvador.L’allevamento è uno dei pochi che può vantare la certificazione bio, ed è il solo ad avere questo riconoscimento in regione. L’azienda ha sviluppato anche una importante filiera di cibo per le mense scolastiche.

 

Per partecipare

La passeggiata si svilupperà per lo più su stradine campestri e sterrate quindi sono sufficienti scarpe da passeggio o da ginnastica. L’itinerario non è circolare ma lasceremo alcune auto al parco per riaccompagnare gli autisti al punto di partenza.

L’escursione prevede una camminata lenta di circa sette ore priva di difficoltà.  Chi viene con i figli è pregato di prestare a loro le dovute attenzioni.

Vi raccomandiamo un abbigliamento conforme alla stagione variabile soprattutto in considerazione delle previsioni del tempo.

Per i problemi finanziari dell’associazione le escursioni di Luoghi&Territori non sono gratuite, ma sottoposte a una quota di rimborso spese per compensare i costi organizzativi. I non iscritti pagheranno 5 euro mentre gli iscritti 3. Per i bambini rimane tutto gratuito.

 

Numero massimo di adesioni: trenta con obbligo di prenotazione.

Per informazioni e prenotazioni:

Moreno Baccichet: 043476381, oppure 3408645094, moreno.baccichet@gmail.com

Informazioni aggiornate saranno inserite nel sito dell’associazione www.luoghieterritori.wordpress.com

Ringraziamo per il prezioso aiuto la Regione Friuli Venezia Giulia

[1] Le piante foraggere, “Bullettino della Associazione Agraria Friulana”, s.III, V.III, n.21, 17 maggio 1880, 164

[2] Escursioni agrarie primaverili, “Bullettino della Associazione Agraria Friulana”, S.III, V.III, N.10, 8 marzo 1880, 73

[3]  Danni agli olivi In “Il Paese”, 18 febbraio 1908

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Zalpa = Zafferano e Alpaca

05 mercoledì Ott 2016

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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Tag

Alpaca, Castelnovo del Friuli, cibo, Esplorazioni, fattoria didattica, paesaggio, pastori, Travesio, Zafferano

Zafferano e Alpaca sono molto distanti dall’idea che abbiamo dell’agricoltura nella pedemontana spilimberghese, invece due ventenni, uno di Castelnovo e uno di Travesio hanno inventato una azienda agricola che tenta delle strade per niente tradizionali.

E’ successo altre volte. Quando a metà dell’800 si è spinta la produzione lattiera con le vacche si è intervenuti cambiando radicalmente le razze presenti e introducendo tori da regioni lontane. Quando le malattie hanno attaccato la vite locale si sono importati vitigni da paesi lontani. Sono state introdotte e poi sparite le risaie. A ceci e veccia si è sostituita la soia. Insomma, le convenienze economiche e i gusti del cibo cambiano e l’agricoltura adegua  il suo sistema produttivo.

Sentite il racconto di questa speciale esperienza.

Edoardo e Stefano li trovate nella borgata di Martiners a Castelnovo del Friuli

Stefano Blarasin 3403217474       Edoardo Braida 3490803670

 

 

 

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Lungo la Valle del Cosa

23 venerdì Set 2016

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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Tag

allevamento, Alpaca, Aziende virtuose, Castelnovo del Friuli, Esplorazioni, Formaggio, paesaggio, Paesaggio pedemontano, pastorizia, Poligono del Ciaurlec, Travesio, Val del Cosa

 

Domenica 25 settembre 2016

Ritrovo ore 9,00 sul piazzale della Stazione ferroviaria di Travesio

L’escursione lungo il torrente Cosa è stata pesata per cercare di capire la geografia dei luoghi e il complesso ambientale che vede ilcorso del Cosa come una sorta di confine tra l’insediamento di travesio appoggiato a una pianura di ghiaie trasportate da un antico letto de Meduna e i sistema dee colline di Castelnovo dove e argille si appoggiano agli ambienti calcarei del Ciaurlec.

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Il ponte sulla forra del Cosa

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Le praterie aride nei pressi della pieve di San Pietro

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Terrazzamenti recuperati sotto il colle del castello

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Tipico portico in legno dell’architettura di Castelnovo

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Un alpaca della Zalpa

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Il ponte sul Cosa a Paludea

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La fontana del Tof

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La cava di marna del cementificio

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Un sentiero arginato per le pecore

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portico di una abitazione tradizionale nel paese evacuato di Praforte

Percorso

Come arrivare: Per chi arriva dall’autostrada deve uscire a Cimpello, risalire i Meduna fino a Sequals e da qui prendere in direzione Travesio.  Chi arriva dall’udinese, invece, dovrà raggiungere Spilimbergo per Dignano e poi risalire per Lestans.  Chi proviene dalla pedemontana di Maniago deve prendere la direzione di Meduno e poi Toppo.

La stazione di Travesio è posta nei pressi della frazione di Usago, a Sud del Capoluogo. Di fronte alla stessa c’è un ampio parcheggio alberato.

Tempo di percorrenza:   8 ore lunghezza 14 chilometri e circa 400 metri di dislivello

Grado di difficoltà:  da escursionisti il tratto della forra, mentre il resto è prevalentemente su strada.

 

 

Motivazioni per la scelta dell’itinerario

Lo storico sistema economico dell’agricoltura di Travesio e Castelnovo si faceva forza di una straordinaria dotazione di terre pubbliche poste sul massiccio calcareo del Ciaurlec. I territorio arido era privo di acqua, ma era un’ampia prateria inclinata incisa dal Cosa e qui si ricavava gran parte dell’erba che sorreggeva un sistema di produzione casearia che aveva il suo centro sul latte di vacca e su una buona quantità di prodotti pecorini.  Il censimento degli animali del 1868 rende conto del patrimonio zootecnico dei due  comuni.

cavalli muli asini tori vacche giovenche buoi torelli e vitelli pecore capre Maiali
Castelnovo 8 52 24 4 483 104 158 538 64 248
Travesio 13 1 8 252 52 38 76 152 1 17

Si può così notare come a Castelnovo la produzione di carne di vitello e torelli fosse una importante fonte di guadagno, così come la diffusa presenza di animali da soma fa pensare all’utilizzo degli stessi nelle carovane dei commercianti migranti in nord Europa. A Castenuovo non c’erano tori perché le lavorazioni sui terreni privati erano fatte per lo più a zappa, diversamente a Travesio i buoi erano abbastanza diffusi, ma si usavano anche le vacche per tirare l’aratro. Le capre a Castelnovo erano usate per sfruttare le parti meno produttive della forra del Cosa, mentre le pecore pascolavano nell’ampia prateria arida del Ciaurlec e a sera rientravano al paese.

Il forte contrasto tra un ambiente ricco d’acqua, il Cosa e i suoi affluenti, e uno arido, il Ciaulec, caratterizzava il paesaggio e le pratiche antropiche.

Un po’ di Storia del paesaggio agrario

Il paesaggio che vedremo invece oggi è del tutto diverso e mutato rispetto al passato.  La gran parte degli animali è scomparsa e soprattutto sono scomparse le praterie che rendevano evidente la presenza dei ruminanti. Oggi le aziende agricole sono pochissime e trovare degli esempi di ripresa non è facile. La modernità è affermata paesaggisticamente dal grande cementificio e dalle cave di marna ora fermi per la crisi dell’edilizia.

Il simbolo di quella che è stata una delle prime vertenze ambientali in provincia oggi riposa muto costruendo un paesaggio ridondante di luci notturne nella pianura di Usago. Qui il moderno di è espresso lasciando ampio spazio alla natura che ha interpretato con il bosco ogni spazio residuale, al punto che la vegetazione che una volta era rarissima oggi è per eccellenza il principale carattere della Val del Cosa.

Negli anni ’60 il ministero della difesa si affacciò nella valle con l’intenzione di costruire uno dei più vasti poligoni di tiro della regione. Per farlo espropriò comuni e privati di tutte le terre del versante in riva destra del cosa. Per problemi di sicurezza fecero abbandonare il paese di Praforte e impedirono per decenni il transito sulla zona del monte menomando l’economia delle piccole aziende agricole. Lentamente la gente di Castelnovo e Travesio cominciò a dimenticare questi luoghi bombardati dall’artiglieria pesante dell’Ariete.  Il poligono divenne una sorta di luogo separato e anche dopo l sia dismissione all’inizio degli anni ’90 questi settori del territorio sono rimasti poco frequentati. Cartelli, postazioni, l’osservatorio Tigre e i diffusi crateri sono oggi elementi di archeologia del contemporaneo.

 

Il percorso

La nostra escursione partirà dalla stazione di Travesio per raggiungere Molevana e visitare il caseificio Tre Valli costruito per preservare la tradizione casearia della zona, ma sottoposto a forti tensioni a causa dei problemi del mercato del latte. Da qui raggiungeremo il Cosa in un punto speciale chiamato il Puntic. Un ponte ingiustamente definito romano che supera il torrente nel punto in cui questo ha profondamene eroso il materasso alluvionale depositato dall’antico corso del Meduna. Qui il fiume è contornato da un ambiente di vegetazione selvatica di nuova formazione e i sentieri che si raccordano al ponte garantivano i collegamenti con Castelnovo e le sue borgate.

Dal ponte ci dirigeremo alla volta della chiesa pievana di San Pietro, punto focale della colonizzazione religiosa nella pedemontana. Cercheremo così di visitare l’interno perché qui c’è uno dei cicli pittorici più importanti del Pordenone. I ciclo di dipinti dedicato a San Pietro ci è particolarmente utile perché rappresenta i fatti nel contesto paesaggistico della pedemontana d’inizio XVI secolo. Infatti l’artista rinascimentale, tanto attento alle prospettive dei fondali, fu presente in chiesa nel 1516-17 e nel 1525-26. Gli affreschi illustrano storie della vita di San Pietro, tra cui, nel soffitto, Pietro accolto in cielo. Inoltre storie di S. Paolo, con la folgorazione sulla via di Damasco, ed episodi del vecchio e nuovo testamento, con figure di Santi e putti. Nel sottarco figure femminili allegoriche: Prudenza, Temperanza, Carità, Fede, Giustizia e Fortezza.

 

I colli prativi con sopra i castelli ricordano l’ambiente di Pinzano e Castelnovo, luoghi ben conosciuti da pittore.

La pala dell’altar maggiore è del genero del Pordenone, Pomponio Amalteo, che la realizzò nel 1537, raffigurando la Madonna del Rosario e i Ss. Sebastiano, Rocco, Antonio Abate. I prii due proteggevano gli uomini dalla peste, San Antonio, invece proteggeva gli animali che si muovevano su quel paesaggio di colline e monti che fa da fondale alla scena sacra.

Ancora una volta il nostro interesse è porre la distanza tra le forme del paesaggio antico e quello del nostro presente.

Passeremo per il centro del paese che si distribuisce lungo il Cosa che in questa zona è poco profondo e che era ricco di incontri con l’acqua e opifici idraulic. Arriveremo alla fine della cortina edilizia dove la chiesa di Zancan, la borgata di Travesio che nelle giornate invernali subiva i danni di una scarsa esposizione solare, si protende sullo spazio pubblico con un bellissimo portale del Pilacorte.

Costruire altri edifici lungo il torrente era impossibile perché sarebbero stati all’ombra per molti mesi all’anno. Per questo, lungo uno storico sentiero, ci sposteremo un po’ più in alto sul Cosa dove attraverseremo una serie di borgate di Castelnovo poste in alto sul fiume, in una posizione molto bella da un punto di vista panoramico. Questa nuova direttrice insediativa sgrana gli abitati di Ghet, Braida, Vidunza e Martiners, dove ci fermeremo per farci raccontare l’esperienza dagli amici di Zalpa che qui allevano esotici Alpaca.

Da Martiner schenderemo nuovamente sul Cosa nell’ampio anfiteatro di colline occupato da molti borghi posti al piede dei colli di argilla.

Lungo il sentiero raggiungeremo la fontana del Tof e poi Almadis, l’ultimo paese prima della forra che giustificò a costruzione di uno sbarramento per la produzione di energia elettrica, il bacino del Tul. Poco sopra Almadis avremo modo di notare l’insediamento medievale posto su Col Monaco e la cava di arenaria del cementificio ora non utilizzata e in fase di naturalizzazione.

Per un sentiero costruito per impedire alle pecore di entrare nei terreni privati, quindi incassato nel terreno e rinforzato con muri in arenaria chiara, saliremo rapidamente verso il bordo della forra del Cosa entrando nel poligono di tiro. Incontreremo per primo il poligono per e armi leggere e poi saliremo di un centinaio di metri un sentiero poco segnato per raggiungere uno straordinario belvedere su Clauzetto, il Tagliamento e la pianura.

Da qui attraverseremo il poligono di tiro e i prati che si sono conservati grazie all’effetto degli incendi provocati dalle esplosioni. Oggi il poligono abbandonato può essere una importante risorsa per le due comunità. La superficie della parte di Castelnovo corrisponde a circa il 40% della superficie del comune ed è stato riconosciuto come Sito di Interesse Comunitario dall’UE per i suoi valori ambientali. In sapore di dismissione diventa importantissimo far iniziare un dibattito sul riuso con nuove forme di agricoltura di uno spazio così grande e strategico.

Da qui per la strada normale scenderemo verso la borgata di Praforte, evacuata negli anni ’60 e oggi quasi completamente diroccata.

In serata raggiungeremo l’agriturismo Alle Genziane, dove Doriana Bertin ci racconterà la sua esperienza di agricoltura e trasformazione dei prodotti e dove chi vorrà si potrà fermare con noi per la cena.

Le aziende che visiteremo

Latteria TreValli a Molevana di Travesio 

Via Garibaldi, 20

tel: 0427-908317

A Molevana di Travesio il locale caseificio è recentissimo, del  28 dicembre 1991. Si è trattato del tentativo di unire una serie di latterie turnarie della zona: Molevana, Travesio, Toppo, Sottomonte, Meduno e Fanna poi dimostratosi insufficiente per riorganizzare la produzione casearia. Il nome doveva far capire che si trattava di trattare il latte di allevatori che operavano in Val D’Arzino, Val Cosa e  Val Tramontina. In un primo momento la produzione fu concentrata su tre caseifici: Molevana, Toppo e Sottomonte. Poi, con la pubblicazione dei bandi 5B, si decise di ristrutturare il caseificio di Molevana, che doveva diventare l’unico stabilimento di produzione della cooperativa. Tra il 1999 e il 2000 che ha registrato una riduzione dei soci da 65 a 23. Il caseificio lavora giornalmente 80 q.li di latte, trasformato per il 90% in Montasio e dispone di 3 punti vendita (Molevana, Meduno, Cordenons) dove viene venduto circa il 40% della produzione. CI faremo spiegare il significato della riscoperta del “salato”. La cooperativa, con la ditta Tosoni e Rosa Dorigo hanno inoltrato la richiesta all’UE per un riconoscimento IGP di questo tipo di formaggio con il desiderio di chiamarlo “Formaggio salato Asino”, anche se l’Asino era un’altra cosa e oggi non lo produce nessuno. Oggi la cooperativa è stata assorbita da una società privata e gestita da Mario Canderan.

 

Azienda agricola Zalpa a Castelnovo

Stefano Blarasin ed Edoardo Braida sono due giovani che hanno deciso di costruire una nuova e speciale azienda a Castelnovo in una zona di abbandoni e di difficile ripresa delle attività agricole. I ragazzi della Zalpa hanno deciso di allevare alpaca e di coltivare zafferano. Attività agricole che hanno poco a che fare con la zona. Proprio per questa capacità di inventare nuove strade l’azienda ha ricevuto attenzioni e premi e sarà interessante vedere sviluppare Zalpa nel prossimo futuro.

 

Agriturismo Alle Genziane

Doriana Bertin una quindicina di anni fa ha coinvolto tutta la famiglia in un progetto di radicale riforma dell’azienda agricola costruendo una filiera corta allevando i propri maiali e realizzando salum , con il marchio salumi Cortina, che vende nel bar-spaccio presso la ex latteria di Travesio. Qui ha attrezzato un piccolo negozio che propone prodotti di qualità prodotti da altre aziende come la latteria di Pradis. Oltre a questo l’azienda produce farina di mais di qualità in varietà tradizionali.

www.allegenziane.it

Per partecipare

La passeggiata si svilupperà per lo più su stradine asfaltate, ma ci sarà anche un sentiero in ripida salita quindi consigliamo scarpe da trekking e un abbigliamento pesante nel caso cambi il tempo. L’itinerario ci porterà al’agriturismo dove alcune auto di appoggio riporteranno gli autisti a Travesio.

L’escursione prevede una camminata lenta di circa otto ore consigliabile ad escursionisti allenati.  Chi viene con i figli è pregato di prestare a loro le dovute attenzioni.

Vi raccomandiamo un abbigliamento conforme alla stagione variabile soprattutto in considerazione delle previsioni del tempo.

Per i problemi finanziari dell’associazione le escursioni di Luoghi&Territori non sono gratuite, ma sottoposte a una quota di rimborso spese per compensare i costi organizzativi. I non iscritti pagheranno 5 euro mentre gli iscritti 3. Per i bambini rimane tutto gratuito.

 

Numero massimo di adesioni: trenta con obbligo di prenotazione.

Per informazioni e prenotazioni:

Moreno Baccichet: 043476381, oppure 3408645094, moreno.baccichet@gmail.com

Informazioni aggiornate saranno inserite nel sito dell’associazione: www.legambientefvg.it e www.luoghieterritori.wordpress.com

Ringraziamo per il prezioso aiuto la Regione Friuli Venezia Giulia

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La prateria medievale, i paesaggi del mais e quelli della vigna industriale

30 mercoledì Mar 2016

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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Tag

Aziende virtuose, Domenico Pecile, Esplorazioni, Paesaggi del prosecco, praterie, San Giorgio della Richinvelda, Trasformazioni paesaaggistiche

Luoghi&Territori 2016

Esplorazioni partecipate nei paesaggi in trasformazione

 

Domenica 3 aprile 2016

I nuovi paesaggi dell’agricoltura industrializzata dell’alta pianura

Ritrovo ore 9,00 in piazza a Domanins

1

I paesaggi dell’alta pianura pordenonese vanno considerati tra i più modernizzati dell’intera regione. L’arrivo dell’acqua dopo gli anni ’30, ma soprattutto i nuovi sistemi di irrigazione, ha permesso di costruire un ambiente ricco di nuovi disegni di modernità e di imprenditorialità. Le antiche praterie hanno lasciato il posto a vigne e coltivazioni di pregio. Attività impensabili solo mezzo secolo fa. Con questa escursione visiteremo i territori influenzati dalla continua crescita dei vivai di Rauscedo e le campagne della Richinvelda ormai colonizzate da vitigni forestieri, come il prosecco.

Percorso

Come arrivare: Per chi arriva dall’autostrada consigliamo di prendere la Cimpello-Sequals e uscire all’uscita di Zoppola-Arzene. Da qui lungo la provinciale verso monte dopo pochi chilometri si raggiunge Domanins. Per chi arriva da Nord consigliamo di passare il Tagliamento sul ponte di Dignano e scendere verso Provesano, San Giorgio e Domanins.

Tempo di percorrenza: 8 ore lunghezza 14 chilometri

Grado di difficoltà: nessuno, perché gran parte del percorso è su strade campestri poco trafficate,.

Motivazioni per la scelta dell’itinerario

La prima escursione del 2016 si svolge tutta all’interno del comune di San Giorgio della Richinvelda, un territorio oggi conosciuto nel mondo per la nuova tradizione della vivaistica viticola, ma che anche in passato fu un centro di importante sperimentazione agricola e sociale.

Soprattutto a partire dalla seconda metà dell’800 l’arrivo in paese della famiglia Pecile pose il paese all’attenzione regionale per alcuni esperimenti di innovazione colturale che in un paese così arido e legato alle tradizioni dell’agricoltura antica non era in grado di produrre da solo. Qui ci muoveremo comprendendo quali erano le forme del paesaggio di antico regime. Un paesaggio che era talmente arido che la maggior parte del territorio era conservata ad uso di pascolo pubblico. La carenza di acqua da sempre metteva in crisi la capacità dei contadini. Le frange tra le vecchie terre coltivate e i pascoli pubblici sono ancora visibili nonostante il paesaggio sia stato normalizzato.

Negli ultimi quindici anni la zona di San Giorgio si è molto trasformata con la copertura a vigna, progressiva e apparentemente inarrestabile, delle superfici che alcune decine di anni fa erano state attrezzate per produrre mais. Il passaggio da una produzione di mais e soia dedicata all’allevamento si sta trasformando in una enorme vigna industriale costruendo nuovi paesaggi in un ambito molto particolare. Un brano di territorio poroso.

Un po’ di Storia del paesaggio agrario

Le terre aride e prative furono una importante fonte di reddito per le famiglie dell’alta pianura fino a che le forme di gestione comunitaria della terra non furono messe in discussione a partire dalla seconda metà del ‘700. Poco alla volta le grandi praterie magredili assunsero un valore negativo nella retorica della stampa dell’epoca. Contrariamente al periodo medievale il magredo divenne un simbolo di inefficienza e di disagio economico: “Dalla Richinvelda fino ai piedi dei colli di Sequals si estendono, per centinaia di chilometri quadrati, vaste praterie di natura magrissima, le quali danno di regola un miserabile prodotto in fieno. Qui le campagne, anche relativamente fertili, per la gran parte non producono medica, e danno poco prodotto di trifoglio; la scarsezza quindi e la poco buona qualità dei foraggi si oppongono direttamente ad un rapido miglioramento agricolo in questa regione.”1

Le parole di Domenico Pecile aprivano le porte alla grande trasformazione paesaggistica e territoriale che con l’irrigazione artificiale avrebbe trasformato l’alta pianura pordenonese trasfigurando i vecchi pascoli in aziende agricole moderne.

2

In verde si vedono e praterie magredili e in ocra te terre coltivate

L’intenzione allora era quella di trasformare le aziende agricole verso una maggiore efficienza nella produzione della carne e per fare questo bisognava promuovere un uso diverso del territorio. Gli animali dovevano rimanere in stalla mentre le grandi campagne sarebbero state privatizzate e coltivate per produrre più foraggio. Ricordava Domenico che “dal momento che io mi trovai nella necessità di occuparmi di agricoltura in questi siti, portai tutta la mia attenzione nel cercare nuove piante da foraggio di cui la coltura fosse rimuneratrice.

Numerose furono le esperienze fatte in quest’azienda e numerosi pure gli insuccessi.

Alcune però delle prove fatte riescirono bene, ed anzi mi lusingo di esser giunto a trovare alcune piante, la cui coltura potrà recare reali vantaggi a questi siti (…)

Mi permetterò soltanto di chiudere questa lunga e noiosa enumerazione, raccomandando caldamente ai contadini di questa regione di seminare nei loro campi in secondo raccolto dietro frumento dei foraggi, sieno essi Moha, Saraceni o Maiz, i quali sono, a conti fatti, immensamente più rimuneratori dei cinquantini, che formano un raccolto costoso ed incerto.”2. Questa trasformazione colturale dal prato stabile a quello artificiale seminato ad erbe produsse una enorme trasformazione sociale e produttiva. Territori dotati di poco suolo potevano cominciare a produrre grandi quantità di cibo per i bovini grazie all’utilizzo di concimi non naturali: “Abbiamo anche sentito come dopo alcuni anni che il prof. Pecile usa i concimi chimici, il consumo di tali materie andò così aumentando, da consigliare la ditta co. L. Manin a stabilire uno speciale rappresentante a San Giorgio della Richinvelda. Colà, ci si raccontava, la formola di concime adottata dal professor Pecile, ha acquistato tal credito che non di rado numerosi carri dei contadini seguono quelli del proprietario quando va a fare le sue provviste di concime: questo perché quei buoni villici vogliono assicurarsi che sì dia a loro la stessa materia concimante che viene venduta al proprietario”3.

3

Villa Pecile a San Giorgio

Parallelamente una attenta selezione dei bovini poteva portare dei benefici alle aziende e alle comunità. La propaganda legata all’allevamento degli animali diede profondi frutti se si considera che nel 1908 a San Giorgio della Richinvelda venivano censiti 303 manzi un toro, 924 vacche e ben 245 buoi. Le monte coordinate in modo cooperativo avevano privilegiato gli incroci con la razza Simmental importata direttamente dalla svizzera4.

L’istituzione di un servizio cooperativo per la fecondazione delle armente e il miglioramento della razza andavano attribuiti all’arrivo dei Pecile che a San Giorgio fondarono una delle aziende agricole più moderne del Friuli. Nel necrologio del capostipite si ricordava come “Nel giorno che il senatore G. L. Pecile ne divenne uno dei più forti proprietari, si decisero le sorti di questa Comune. Egli vi portò i primi aratri perfezionati, le prime piante, le prime sementi selezionate; fu egli che iniziò il miglioramento del bestiame, che fece le prime esperienze colturali.

Prese parte all’amministrazione comunale portandovi quello spirito di pratica modernità che informava le opere Sue, e rimase a quel posto fino a che non venne sostituito dal figlio prof. Domenico, il quale, non dissimile dal padre, lavorò e lavora indefessamente per il miglioramento di quel territorio,

Oggi S. Giorgio si è trasformata: prosperano la vite ed il gelso, i prati stabili diminuiscono per dar luogo alla coltura intensiva dei cereali dei foraggi; il bestiame bovino migliora, sono sorte e sorgono le Cooperative. Egli iniziò tutto questo: oggi raccolgono i frutti di quanta Egli ha seminato!5 “.

San Giorgio nel 1805

I Pecile furono il motore trainante di tutte le attività cooperativistiche dei villaggi contermini e questa “nuova tradizione” non si è ancora spenta e si alimenta nelle cooperative vivaistiche e vinicole locali. Certo rispetto alla fine dell’800 il paese è forse più conosciuto sul fronte del vino nonostante i vini di San Giorgio non mancassero di vincere alcuni dei primi concorsi in provincia, come nel 1896 con il Cordenossa-refosco di Rauscedo prodotto dall’azienda Bisutti.

San Giorgio fu anche uno dei luoghi dove si rispose alle malattie delle uve introducendo il “vino rosso Bordeaux Carpenet” premiato nel 1883 insieme ai tradizionali “vino Aurava bianco” e “vino Aurava nero” che erano fatti con uvaggi di viti autoctone.

I Pecile nella loro azienda agricola sperimentavano tecniche di coltivazione che venivano poi pubblicizzate nelle riviste specialistiche e copiate dai contadini locali: “Da qualche anno ho introdotto nell’Azienda di San Giorgio un nuovo modello di falci da mietere, che, a mio avviso, potranno, più facilmente della falce Americana, diventare di uso comune anche fra i contadini, e ciò sia per il lievissimo loro costo, che per la facilità e comodità con cui possono essere adoperate. Esse destano già l’ammirazione di questi paesani i quali dal nuovo strumento si vedono intieramente risparmiata la faticosissima operazione della mietitura colla falciuola (sèsule)”6 .

Il paesaggio di allora stava lentamente cambiando cancellando le praterie e rendendo più complesso il disegno dei campi attraverso un disegno policolturale era segnato anche dalla rotazione agraria che oggi non possiamo più vedere: “Rotazione agraria praticata nelle diverse qualità di terreni. Granoturco, frumento, medicai e trifoglini: 40 00 prato artificiale – 30 00 granoturco -20 00 frumento – 2 00 avena – 3 00 segale -5 00 colture varie (fagiuoli, sorgorosso, patate, barbabietole da zucchero e da foraggio, verze, rape, lino.

NB. Ora gli aratori sono divisi in due qualità: in aratori con gelsi e aratori arborati-vitati. Nella colonna 3.a vennero aggiunti Ea 67 e tolti nel mod. B nei pascoli, zerbi e ghiaia cespugliata e ripartili tra le due qualità ora esistenti”7.

I territori al pascolo erano sostanzialmente banditi e il ricordo delle pratiche di allevamento di tradizione medievale erano abbandonate. Per contro venivano attivate forme di assistenza di tradizione liberale come locanda sanitaria che era una cucina per i meno abbienti8.

Descrizione dell’itinerario

Partiremo dalla frazione di Domanins visitando una delle aziende più interessanti della zona, quella dei Tondat che da alcuni anni hanno ripreso a produrre un uvaggio che si fa forza su due storici vitigni della zona, il Cordenossa e la Palomba. Da qui percorreremo una stradina campestre che sfiora il giardino della villa Spiimbergo-Spanio e che un tempo faceva da confine tra i terreni coltivati e la prateria. Oggi a strada innerva un paesaggio di campi coltivati e attrezzati con opere di irrigazione moderne. Da qui raggiungeremo Rauscedo in vista dei due importanti stabilimenti dei vivai e della cantina vinicola. Qui raggiungeremo un luogo importantissimo da un punto di vista storico e da quello culturale.

Nei pressi della chiesetta campestre di San Nicolò che un tempo segnava il confine meridionale di quella grande prateria che saliva fin quasi a Sequals, alcuni signori friulani legati al partito tedesco attraccarono la carovana che accompagnava i signore del Friuli, il francese Bertrando di St. Geniès nel 1350. Ferito a morte i Patriarca di Aquileia morì qui e questo prato divenne un luogo della memoria popolare. Per questo motivo una sorta di tabù di matrice storica fece si che il prato limitrofo alla chiesa non fosse mai stato coltivato. Oggi questo è uno dei pochi brandelli dell’originario e medievale mantello prativo che copriva gran parte dell’alta pianura. E’ in pratica un testimone di un paesaggio ormai scomparso e conserva un valore ambientale e paesaggistico straordinari.

Leggendo uno storico numero di Pagine Friulane ho rintracciato questa interessante nota che ricorda l’erezione del monumento dedicato a Bertrando nel 1895 e che merita trascrivere perché è un interessante esempio di viaggio in patria: “Desideroso di visitare il sito ove avvenne la tragica fine del patriarca Bertrando, per leggere de visu l’iscrizione ricordante quel fatto, oggi mi recai alla Richinvelda, e là trovai demolito il vecchio cippo in muratura e un operaio intento a completare un pilastro in Portland. In uno specchietto di questo osservai ricollocati i tre frammenti della, vecchia lapide (*) e, nell’opposta faccia, murata la seguente iscrizione scolpita su marmo di Carrara, il tutto eseguito – mi si disse – per cura del segretario vescovile D. Carlo Riva. È un lavoro che ricorderà più decorosamente e con esattezza cronologica ,quella pagina di storia patria9.

La chiesetta campestre divenne un luogo di pellegrinaggio e di fede e fu ampliata con un nuovo presbiterio che accoglie importanti affreschi e uno straordinario altare lapideo del Pilacorte realizzato nel 1497 in stile rinascimentale.

Da qui ci dirigeremo verso San Giorgio attraversando quel settore di prateria che nella seconda metà del’800 divenne uno degli ambienti di espansione dell’azienda agricola dei Pecile e che oggi invece assume il carattere di una coltivazione intensiva. Lungo una storica strada campestre raggiungeremo il villaggio di San Giorgio che qui sotto vediamo in una rappresentazione catastale di epoca austriaca.

Nel piccolo paesino caratterizzato da una stretta strada canale sono visibili due fatti urbani importanti. Quella che diventerà villa Pecile e la chiesa parrocchiale poi riformata da Gerolamo D’Aronco. Questi due cantieri promossi dalla famiglia borghese oggi caratterizzano il centro del villaggio esprimendo una architettura segnata dallo storicismo della fine de XIX secolo.

Ci dirigeremo poi verso Pozzo costeggiando a ferrovia novecentesca oggi abbandonata ponendoci ai bordi di un’area rivierasca del Tagliamento caratterizzata dai segni di una lottizzazione agraria medievale centrata sul castello di Cosa. La fortificazione medievale nel settecento fu adattata alle forme di palazzo e divenne un centro di produzione agricola.

A Provesano transitando per i centro, visiteremo la chiesa parrocchiale per osservare l’importante affresco che decora l’abside dipinto ne 1496 da Gianfrancesco da Tolmezzo. Nella chiesa ci sono altre opere coeve lapidee del Pilacorte, ma il nostro interesse non sarà finalizzato solo a una lettura artistica del’edificio religioso, ma ci interessa osservare sul fondale de’affresco quel paesaggio quattrocentesco che Gianfrancesco riconosceva alla pedemontana del Friuli.

Da Provesano attraverseremo la grande prateria medievale trasformata oggi in una moderna centuriazione agricola. Questo territorio è uno degli ambienti che sta subendo in questi anni le più straordinarie trasformazioni. Pensato come un ambiente per la produzione di cereali negli ultimi dieci anni sta subendo un progressivo aumento dei terreni coltivati a vigna. Si tratta però di vigne moderne, disegnate per una raccolta del’uva a mano. Vigne che con il loro disegno geometrico rendono ancora più rigida la composizione dei campi. Quello che per mezzo secolo è stato un paesaggio del mais oggi si sta lentamente strutturando per trasformarsi in quello del Prosecco visto che l’espansione di queste uve anche sulla pianura pordenonese sta promuovendo una ristrutturazione delle aziende agricole.

Attraverseremo lentamente questa pianura apparentemente omogenea per raggiungere l‘agriturismo da Tina dove ci fermeremo anche per la cena.

4

Paesaggio di vitigni attrezzati per a raccolta a macchina

Le aziende che visiteremo

SOCIETA’ AGRICOLA TONDAT STEFANO Via S. Martino 10 – 33095 San Giorgio Della Richinvelda (PN) tel. 0427 – 94315 – http://www.tondat.it

Ci è sembrato importante visitare questa azienda agricola che oltre a curare la filiera del vino in proprio ha tentato negli ultimi anni di riproporre un vino tradizionale della zona di San Giorgio, il vin di Uchi che è realizzato mescolando un quarto di Palomba, un quarto di Cordenossa e due quarti di Refosco gentile.

Ci faremo raccontare le difficoltà incontrate nel riproporre un vino storico in un territorio ormai lanciato nella rincorsa del successo del prosecco.

LA GANGA, di Alfio Lovisa

Si tratta di una azienda tra le più interessanti del settore vitivinicolo perché oltre ad essere biologica ha tentato dei percorsi originali di vinificazione moderna, anche in questo caso non senza difficoltà.

AGRITURISMO DA TINA

Una azienda da venti ettari nel’alta pianura era troppo piccola per la maidicoltura quindi un decennio fa la famiglia proprietaria ha intrapreso un interessante percorso di ristrutturazione aziendale diventando una fattoria didattica e sociale e investendo sula filiera del’oca.

Qui potete vedere l’intervista fatta da Elisa Cozzarini

https://www.youtube.com/watch?v=HKhlPJHyHEM

Per partecipare

La passeggiata si svilupperà per lo più su stradine campestri e sterrate quindi sono sufficienti scarpe da passeggio o da ginnastica. L’itinerario non è circolare ma lasceremo alcune auto all’agriturismo per riaccompagnare gli autisti.

L’escursione prevede una camminata lenta di circa sei ore priva di difficoltà. Chi viene con i figli è pregato di prestare a loro le dovute attenzioni.

Vi raccomandiamo un abbigliamento conforme alla stagione variabile soprattutto in considerazione delle previsioni del tempo.

Per i problemi finanziari dell’associazione le escursioni di Luoghi&Territori non sono gratuite, ma sottoposte a una quota di rimborso spese per compensare i costi organizzativi. I non iscritti pagheranno 5 euro mentre gli iscritti 3. Per i bambini rimane tutto gratuito.

Numero massimo di adesioni: trenta con obbligo di prenotazione.

Per informazioni e prenotazioni:

Moreno Baccichet: 043476381, oppure 3408645094, moreno.baccichet@gmail.com

Informazioni aggiornate saranno inserite nel sito dell’associazione: www.legambientefvg.it e www.luoghieterritori.wordpress.com

Ringraziamo per il prezioso aiuto la Regione Friuli Venezia Giulia

1 D. Pecile, Riassunto di alcune esperienze di colture di foraggi, Bullettino della Associazione Agraria Friulana, s.III, V.VI, n.29, 16 luglio 1883, 228,

2Domenico Pecile, Riassunto di alcune esperienze di colture di foraggi, “Bullettino della Asssociazione Agraria Friulana”, S.III, vol.VI, n.29, 16 luglio 1883, 228-230

3L’uso dei concimi chimici si diffonde anche fra i contadini, “Bullettino dell’Associazione Agraria Friulana”, S.IV, V.IV, n.13, 14 giugno 1887, 214

4Come ha contribuito finora la provincia di Udine all’alimentazione carnea dell’esercito, Bullettino dell’Associazione Agraria Friulana, a.64, n1-12, 31 dicembre 1916, 23-55

5Necrologio per la morte di Gabriele Luigi Pecile, “Il Friuli”, 2 dicembre 1902

6Domenico Pecile, Falci per mietere cereali, “Bullettino della Asssociazione Agraria Friulana”, S.III, vol.VI, n.29, 16 luglio 1883, 230-231

7D. Pecile, La statistica agraria in Friuli, Bullettino dell’Associazione Agraria Friulana, a.52, n.6-8, 30 aprile 1907, 223-248

8 Locanda sanitaria di San Giorgio della Richinvelda e San Martino al Tagliamento, Il Friuli, 17 maggio 1897

9 L. Billiani, Nuova iscrizione alla Richinvelda, Pagine Friulane, a.VIII, n.8, 13 otobre 1895,

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I segni nei pascoli

23 sabato Gen 2016

Posted by Walter Coletto in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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Tag

Aviano, boschi, Esplorazioni, paesaggio, Paesaggio pedemontano, pastorizia

Tempo fa un amico, mi disse che uno dei grandi valori paesaggistici sottovalutati che il Friuli aveva era il vuoto.
Erano gli anni in cui nel vicino Veneto imperversava la città diffusa con i distretti industriali che producevano a pieno regime ed esportavano ovunque.
L”aspetto estetico di un vuoto pieno solo di natura , al posto di case e capannoni, confesso mi aveva affascinato.
Negli anni sucessivi con innumerevoli esplorazioni, a piedi , ho percorso buona parte di quel “vuoto” ed ho scoperto che è depositario di una quantità notevole di informazioni che riguardano non solo il mondo vegetale ed animale tanto caro a faunisti e naturalisti ma conserva anche testimonianze di quell’attività umana che spesso lo ha segnato in modo indelebile.
Nel percorrere questi territori è diventato per me istintivo cercare tracce di questa colonizzazione.
Colonizzazione che risale a molto tempo addietro e molto spesso interpreta i luoghi in maniera talmente accorta da sembrare “naturale”, segno che in passato l’uomo più che addomesticare i luoghi sapeva adattarvisi con intelligenza.
Adattamento del resto assai sensato se si pensa che gli strumenti di lavoro non eccedevano la forza fisica del uomo e a volte degli animali e gli attrezzi molto spesso erano solo di legno.
I segni nei pascoli è  il risultato di una di queste esplorazioni o come le chiamano i Surrealisti deambulazioni, per i pascoli del Pian Cavallo.

Malghe del Pian Cavallo pascoli della casera Barzan

Page-002

I resti della vecchia Casera Val Fredda posta come si vede al centro del pascolo

Bosco_casera_pascoloUn primo dato che traspare è la presenza del bosco che sta riconquistando gli spazi a pascolo da cui è stato estromesso in passato, ne è testimonianza certa la posizione della casera che ora è al limite tra pascolo e bosco mentre come si vede nelle casere successive, qualche chilometro dopo,  l’immobile è si trovava al centro del pascolo.

Il fatto che la natura stia attuando il suo progetto di riconquista non è di perse un problema (almeno in questa sede), ma questo fa capire che quanto noi oggi vediamo e frutto di una colonizzazione del lavoro degli uomini, ci troviamo in buona sostanza in uno luogo antropizzato.

Page-004

Pascoli di Casera Caserata

Bosco_Affioramenti

Il bosco avanza riconquistando pascoli magri segnati da affioramenti di roccia.

 

 

 

Page-01

Malga Caseratta pascoli

masiere

Gli accumuli di sassi nel pascolo sono il segno di dissodamenti operati per rendere il pascolo più ricco e per  accumulare materiali da utilizzarsi per la costruzione di recinzioni e casere.

 

Page-03

Resti della vecchia casera Caseratta

Page-02

Pascolo Casera Caserata

Resti_Mandre

 

 

 

 

Page-05

Vista dalla Casera Caserata verso la Casera Val Fredda sono particolari i disegni sul pascolo costituiti dall’incrocio dei muretti verticali dei recinti e dalle emergenze rocciose in mezzo al pascolo. Le suddivisioni nei pascoli consentivano di spostare gli animali di parcella in parcella così da concimalo a rotazione tutto.

Page-04

Ricovero animali (mandra) con resti di edifici

iIpotesi

 

 

 

 

 

Page-06

Vista della casera Val Fredda nella sua nuova collocazione più vicina alla nuova strada forestale

Page-12

In primo piano la viabilità forestale ed in ombra la cava di prestito utilizzata molto probabilmente per la realizzazione dell’infrastruttura.

Page-14

I resti di una mandra per il ricovero degli animali, si noti la presenza all’interno del recinto di una vegetazione arbustiva più ricca dovuta probabilmente alla presenza di un terreno maggiormente concimato dalle deiezioni animali.

Page-20

Resti di un manufatto interrato che ptrebbe far pensare o ad una vasca di raccolta dell’acqua o ad una ghiacciai.

 

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Il ritorno delle pecore a Pradis

20 domenica Dic 2015

Posted by Moreno Baccichet in Luoghi & Territori

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allevamento, Esplorazioni, pascoli, pecore

L’arrivo circa cinque anni fa di un pastore sardo sull’altipiano di Pradis ha comportato come effetto la ripresa di pratiche antiche e il nuovo apparire dei paesaggi del pascolo. I campi pascolati assumono un aspetto diverso da quelli falciati e in questo senso la lettura di questa trasformazione ha quasi un significato eretico nei confronti dell’immagine che noi consideriamo storica della montagna pordenonese. In realtà è solo con la fine del settecento che la vacca comincia a predominare sulla pecora, ma è a metà dell’800 che prevalgono le teorie degli agronomi che volevano introdurre la stabulazione al coperto per gli animali. Gli animali non dovevano andare all’erba, ma viceversa. Questo fu possibile solo con il maggior lavoro dei contadini, ma in una situazione di spopolamento e di abbandono delle risorse si può andare verso un nuovo regime di sfruttamento estensivo dell’altipiano.

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Versante pascolato

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pecore al pascolo

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