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Luoghi&Territori FVG

~ Esplorazioni partecipate nei paesaggi in trasformazione

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Archivi tag: allevamento

Scaricate gratis il nuovo libro di Legambiente Pordenone

07 venerdì Ott 2016

Posted by Moreno Baccichet in documenti, libri, Luoghi & Territori

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Tag

allevamento, Associazione Agraria Friulana, cibo, Friuli Occidentale, gratis, Legambiente Pordenone, libro, Luoghi&Territori, Moreno Baccichet, paesaggi, Paesaggio friulano, scarica

il-cibo-produce-e-trasforma-i-paesaggi-copertina

Il cibo da sempre produce paesaggio: le diverse tradizioni alimentari si sedimentano e trasformano i territori. L’evoluzione della società contemporanea e, soprattutto, del rapporto tra città e campagna, porta a nuove trasformazioni sul paesaggio, indotte dagli stili di vita, dai modelli comportamentali, dalle abitudini alimentari della popolazione.
Alcuni prodotti, che nel Friuli Occidentale consideriamo storici, sono stati inventati poco più di un secolo fa e anche il concetto di recupero della tradizione a volte propone, nel bene e nel male, cibi molti diversi da quelli originari. Le campagne producono quello che le città chiedono e oggi che tutto il territorio è di fatto città, soprattutto in contesti densamente abitati come quello pordenonese, la campagna esprime in termini paesaggistici l’idea delle comunità inurbate.
L’economia e le mode alimentari influenzano in maniera determinante l’evoluzione del paesaggio, ma questi cambiamenti sono così lenti che a volte non si percepiscono.
Percorrere il territorio a piedi, tenendo conto di una lettura diacronica e storica rispetto alla produzione del cibo nel territorio, come abbiamo fatto con la campagna di Legambiente “Il cibo produce e trasforma il paesaggio”, permette di cogliere i mutamenti in corso, innescando occasioni di dibattito e critica.

 

Il libro è disponibile anche in cartaceo richiedendolo in sede alla Casa del Popolo di Pordenone e concordando un ritiro previa offerta volontaria di qualche euro. Per ritirare la copia fisica dovete concordare un incontro con le volontarie attive in sede. Benedetta e Martina di norma sono disponibili in queste due fasce orarie: 9,30-12,30 e 14,30-16,30. Il numero di telefono della Casa del Popolo è0434540483

Per avere comodamente il pdf Basta clikkare qui sotto

2016-il-cibo-produce-e-trasforma-i-paesaggi

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Lungo la Valle del Cosa

23 venerdì Set 2016

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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Tag

allevamento, Alpaca, Aziende virtuose, Castelnovo del Friuli, Esplorazioni, Formaggio, paesaggio, Paesaggio pedemontano, pastorizia, Poligono del Ciaurlec, Travesio, Val del Cosa

 

Domenica 25 settembre 2016

Ritrovo ore 9,00 sul piazzale della Stazione ferroviaria di Travesio

L’escursione lungo il torrente Cosa è stata pesata per cercare di capire la geografia dei luoghi e il complesso ambientale che vede ilcorso del Cosa come una sorta di confine tra l’insediamento di travesio appoggiato a una pianura di ghiaie trasportate da un antico letto de Meduna e i sistema dee colline di Castelnovo dove e argille si appoggiano agli ambienti calcarei del Ciaurlec.

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Il ponte sulla forra del Cosa

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Le praterie aride nei pressi della pieve di San Pietro

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Terrazzamenti recuperati sotto il colle del castello

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Tipico portico in legno dell’architettura di Castelnovo

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Un alpaca della Zalpa

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Il ponte sul Cosa a Paludea

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La fontana del Tof

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La cava di marna del cementificio

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Un sentiero arginato per le pecore

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portico di una abitazione tradizionale nel paese evacuato di Praforte

Percorso

Come arrivare: Per chi arriva dall’autostrada deve uscire a Cimpello, risalire i Meduna fino a Sequals e da qui prendere in direzione Travesio.  Chi arriva dall’udinese, invece, dovrà raggiungere Spilimbergo per Dignano e poi risalire per Lestans.  Chi proviene dalla pedemontana di Maniago deve prendere la direzione di Meduno e poi Toppo.

La stazione di Travesio è posta nei pressi della frazione di Usago, a Sud del Capoluogo. Di fronte alla stessa c’è un ampio parcheggio alberato.

Tempo di percorrenza:   8 ore lunghezza 14 chilometri e circa 400 metri di dislivello

Grado di difficoltà:  da escursionisti il tratto della forra, mentre il resto è prevalentemente su strada.

 

 

Motivazioni per la scelta dell’itinerario

Lo storico sistema economico dell’agricoltura di Travesio e Castelnovo si faceva forza di una straordinaria dotazione di terre pubbliche poste sul massiccio calcareo del Ciaurlec. I territorio arido era privo di acqua, ma era un’ampia prateria inclinata incisa dal Cosa e qui si ricavava gran parte dell’erba che sorreggeva un sistema di produzione casearia che aveva il suo centro sul latte di vacca e su una buona quantità di prodotti pecorini.  Il censimento degli animali del 1868 rende conto del patrimonio zootecnico dei due  comuni.

cavalli muli asini tori vacche giovenche buoi torelli e vitelli pecore capre Maiali
Castelnovo 8 52 24 4 483 104 158 538 64 248
Travesio 13 1 8 252 52 38 76 152 1 17

Si può così notare come a Castelnovo la produzione di carne di vitello e torelli fosse una importante fonte di guadagno, così come la diffusa presenza di animali da soma fa pensare all’utilizzo degli stessi nelle carovane dei commercianti migranti in nord Europa. A Castenuovo non c’erano tori perché le lavorazioni sui terreni privati erano fatte per lo più a zappa, diversamente a Travesio i buoi erano abbastanza diffusi, ma si usavano anche le vacche per tirare l’aratro. Le capre a Castelnovo erano usate per sfruttare le parti meno produttive della forra del Cosa, mentre le pecore pascolavano nell’ampia prateria arida del Ciaurlec e a sera rientravano al paese.

Il forte contrasto tra un ambiente ricco d’acqua, il Cosa e i suoi affluenti, e uno arido, il Ciaulec, caratterizzava il paesaggio e le pratiche antropiche.

Un po’ di Storia del paesaggio agrario

Il paesaggio che vedremo invece oggi è del tutto diverso e mutato rispetto al passato.  La gran parte degli animali è scomparsa e soprattutto sono scomparse le praterie che rendevano evidente la presenza dei ruminanti. Oggi le aziende agricole sono pochissime e trovare degli esempi di ripresa non è facile. La modernità è affermata paesaggisticamente dal grande cementificio e dalle cave di marna ora fermi per la crisi dell’edilizia.

Il simbolo di quella che è stata una delle prime vertenze ambientali in provincia oggi riposa muto costruendo un paesaggio ridondante di luci notturne nella pianura di Usago. Qui il moderno di è espresso lasciando ampio spazio alla natura che ha interpretato con il bosco ogni spazio residuale, al punto che la vegetazione che una volta era rarissima oggi è per eccellenza il principale carattere della Val del Cosa.

Negli anni ’60 il ministero della difesa si affacciò nella valle con l’intenzione di costruire uno dei più vasti poligoni di tiro della regione. Per farlo espropriò comuni e privati di tutte le terre del versante in riva destra del cosa. Per problemi di sicurezza fecero abbandonare il paese di Praforte e impedirono per decenni il transito sulla zona del monte menomando l’economia delle piccole aziende agricole. Lentamente la gente di Castelnovo e Travesio cominciò a dimenticare questi luoghi bombardati dall’artiglieria pesante dell’Ariete.  Il poligono divenne una sorta di luogo separato e anche dopo l sia dismissione all’inizio degli anni ’90 questi settori del territorio sono rimasti poco frequentati. Cartelli, postazioni, l’osservatorio Tigre e i diffusi crateri sono oggi elementi di archeologia del contemporaneo.

 

Il percorso

La nostra escursione partirà dalla stazione di Travesio per raggiungere Molevana e visitare il caseificio Tre Valli costruito per preservare la tradizione casearia della zona, ma sottoposto a forti tensioni a causa dei problemi del mercato del latte. Da qui raggiungeremo il Cosa in un punto speciale chiamato il Puntic. Un ponte ingiustamente definito romano che supera il torrente nel punto in cui questo ha profondamene eroso il materasso alluvionale depositato dall’antico corso del Meduna. Qui il fiume è contornato da un ambiente di vegetazione selvatica di nuova formazione e i sentieri che si raccordano al ponte garantivano i collegamenti con Castelnovo e le sue borgate.

Dal ponte ci dirigeremo alla volta della chiesa pievana di San Pietro, punto focale della colonizzazione religiosa nella pedemontana. Cercheremo così di visitare l’interno perché qui c’è uno dei cicli pittorici più importanti del Pordenone. I ciclo di dipinti dedicato a San Pietro ci è particolarmente utile perché rappresenta i fatti nel contesto paesaggistico della pedemontana d’inizio XVI secolo. Infatti l’artista rinascimentale, tanto attento alle prospettive dei fondali, fu presente in chiesa nel 1516-17 e nel 1525-26. Gli affreschi illustrano storie della vita di San Pietro, tra cui, nel soffitto, Pietro accolto in cielo. Inoltre storie di S. Paolo, con la folgorazione sulla via di Damasco, ed episodi del vecchio e nuovo testamento, con figure di Santi e putti. Nel sottarco figure femminili allegoriche: Prudenza, Temperanza, Carità, Fede, Giustizia e Fortezza.

 

I colli prativi con sopra i castelli ricordano l’ambiente di Pinzano e Castelnovo, luoghi ben conosciuti da pittore.

La pala dell’altar maggiore è del genero del Pordenone, Pomponio Amalteo, che la realizzò nel 1537, raffigurando la Madonna del Rosario e i Ss. Sebastiano, Rocco, Antonio Abate. I prii due proteggevano gli uomini dalla peste, San Antonio, invece proteggeva gli animali che si muovevano su quel paesaggio di colline e monti che fa da fondale alla scena sacra.

Ancora una volta il nostro interesse è porre la distanza tra le forme del paesaggio antico e quello del nostro presente.

Passeremo per il centro del paese che si distribuisce lungo il Cosa che in questa zona è poco profondo e che era ricco di incontri con l’acqua e opifici idraulic. Arriveremo alla fine della cortina edilizia dove la chiesa di Zancan, la borgata di Travesio che nelle giornate invernali subiva i danni di una scarsa esposizione solare, si protende sullo spazio pubblico con un bellissimo portale del Pilacorte.

Costruire altri edifici lungo il torrente era impossibile perché sarebbero stati all’ombra per molti mesi all’anno. Per questo, lungo uno storico sentiero, ci sposteremo un po’ più in alto sul Cosa dove attraverseremo una serie di borgate di Castelnovo poste in alto sul fiume, in una posizione molto bella da un punto di vista panoramico. Questa nuova direttrice insediativa sgrana gli abitati di Ghet, Braida, Vidunza e Martiners, dove ci fermeremo per farci raccontare l’esperienza dagli amici di Zalpa che qui allevano esotici Alpaca.

Da Martiner schenderemo nuovamente sul Cosa nell’ampio anfiteatro di colline occupato da molti borghi posti al piede dei colli di argilla.

Lungo il sentiero raggiungeremo la fontana del Tof e poi Almadis, l’ultimo paese prima della forra che giustificò a costruzione di uno sbarramento per la produzione di energia elettrica, il bacino del Tul. Poco sopra Almadis avremo modo di notare l’insediamento medievale posto su Col Monaco e la cava di arenaria del cementificio ora non utilizzata e in fase di naturalizzazione.

Per un sentiero costruito per impedire alle pecore di entrare nei terreni privati, quindi incassato nel terreno e rinforzato con muri in arenaria chiara, saliremo rapidamente verso il bordo della forra del Cosa entrando nel poligono di tiro. Incontreremo per primo il poligono per e armi leggere e poi saliremo di un centinaio di metri un sentiero poco segnato per raggiungere uno straordinario belvedere su Clauzetto, il Tagliamento e la pianura.

Da qui attraverseremo il poligono di tiro e i prati che si sono conservati grazie all’effetto degli incendi provocati dalle esplosioni. Oggi il poligono abbandonato può essere una importante risorsa per le due comunità. La superficie della parte di Castelnovo corrisponde a circa il 40% della superficie del comune ed è stato riconosciuto come Sito di Interesse Comunitario dall’UE per i suoi valori ambientali. In sapore di dismissione diventa importantissimo far iniziare un dibattito sul riuso con nuove forme di agricoltura di uno spazio così grande e strategico.

Da qui per la strada normale scenderemo verso la borgata di Praforte, evacuata negli anni ’60 e oggi quasi completamente diroccata.

In serata raggiungeremo l’agriturismo Alle Genziane, dove Doriana Bertin ci racconterà la sua esperienza di agricoltura e trasformazione dei prodotti e dove chi vorrà si potrà fermare con noi per la cena.

Le aziende che visiteremo

Latteria TreValli a Molevana di Travesio 

Via Garibaldi, 20

tel: 0427-908317

A Molevana di Travesio il locale caseificio è recentissimo, del  28 dicembre 1991. Si è trattato del tentativo di unire una serie di latterie turnarie della zona: Molevana, Travesio, Toppo, Sottomonte, Meduno e Fanna poi dimostratosi insufficiente per riorganizzare la produzione casearia. Il nome doveva far capire che si trattava di trattare il latte di allevatori che operavano in Val D’Arzino, Val Cosa e  Val Tramontina. In un primo momento la produzione fu concentrata su tre caseifici: Molevana, Toppo e Sottomonte. Poi, con la pubblicazione dei bandi 5B, si decise di ristrutturare il caseificio di Molevana, che doveva diventare l’unico stabilimento di produzione della cooperativa. Tra il 1999 e il 2000 che ha registrato una riduzione dei soci da 65 a 23. Il caseificio lavora giornalmente 80 q.li di latte, trasformato per il 90% in Montasio e dispone di 3 punti vendita (Molevana, Meduno, Cordenons) dove viene venduto circa il 40% della produzione. CI faremo spiegare il significato della riscoperta del “salato”. La cooperativa, con la ditta Tosoni e Rosa Dorigo hanno inoltrato la richiesta all’UE per un riconoscimento IGP di questo tipo di formaggio con il desiderio di chiamarlo “Formaggio salato Asino”, anche se l’Asino era un’altra cosa e oggi non lo produce nessuno. Oggi la cooperativa è stata assorbita da una società privata e gestita da Mario Canderan.

 

Azienda agricola Zalpa a Castelnovo

Stefano Blarasin ed Edoardo Braida sono due giovani che hanno deciso di costruire una nuova e speciale azienda a Castelnovo in una zona di abbandoni e di difficile ripresa delle attività agricole. I ragazzi della Zalpa hanno deciso di allevare alpaca e di coltivare zafferano. Attività agricole che hanno poco a che fare con la zona. Proprio per questa capacità di inventare nuove strade l’azienda ha ricevuto attenzioni e premi e sarà interessante vedere sviluppare Zalpa nel prossimo futuro.

 

Agriturismo Alle Genziane

Doriana Bertin una quindicina di anni fa ha coinvolto tutta la famiglia in un progetto di radicale riforma dell’azienda agricola costruendo una filiera corta allevando i propri maiali e realizzando salum , con il marchio salumi Cortina, che vende nel bar-spaccio presso la ex latteria di Travesio. Qui ha attrezzato un piccolo negozio che propone prodotti di qualità prodotti da altre aziende come la latteria di Pradis. Oltre a questo l’azienda produce farina di mais di qualità in varietà tradizionali.

www.allegenziane.it

Per partecipare

La passeggiata si svilupperà per lo più su stradine asfaltate, ma ci sarà anche un sentiero in ripida salita quindi consigliamo scarpe da trekking e un abbigliamento pesante nel caso cambi il tempo. L’itinerario ci porterà al’agriturismo dove alcune auto di appoggio riporteranno gli autisti a Travesio.

L’escursione prevede una camminata lenta di circa otto ore consigliabile ad escursionisti allenati.  Chi viene con i figli è pregato di prestare a loro le dovute attenzioni.

Vi raccomandiamo un abbigliamento conforme alla stagione variabile soprattutto in considerazione delle previsioni del tempo.

Per i problemi finanziari dell’associazione le escursioni di Luoghi&Territori non sono gratuite, ma sottoposte a una quota di rimborso spese per compensare i costi organizzativi. I non iscritti pagheranno 5 euro mentre gli iscritti 3. Per i bambini rimane tutto gratuito.

 

Numero massimo di adesioni: trenta con obbligo di prenotazione.

Per informazioni e prenotazioni:

Moreno Baccichet: 043476381, oppure 3408645094, moreno.baccichet@gmail.com

Informazioni aggiornate saranno inserite nel sito dell’associazione: www.legambientefvg.it e www.luoghieterritori.wordpress.com

Ringraziamo per il prezioso aiuto la Regione Friuli Venezia Giulia

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Il pastore Ignazio: dalla Sardegna a Pradis

20 domenica Dic 2015

Posted by Moreno Baccichet in Luoghi & Territori

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allevamento, pastori, pecore, Pradis

I prati di Pradis sono in gran parte spariti. Il paesaggio delle praterie compare di tanto in tanto. Gli abitanti storici hanno in gran parte abbandonato l’arte dell’allevamento e della produzione casearia, ma recentemente a Pradis è arrivato un pastore sardo. Si è creata la situazione straordinaria di un prodotto, il pecorino, che in queste aree era molto diverso da quello che si produce ora. Resta il fatto che questa pratica sta conservando alcune porzioni di paesaggio che altrimenti sarebbero state abbandonate.

L’intervista a Ignazio è stata abbastanza lunga anche perché ci ha accolto con molta cortesia e pazienza pastorale.

 

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Il ritorno delle pecore a Pradis

20 domenica Dic 2015

Posted by Moreno Baccichet in Luoghi & Territori

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allevamento, Esplorazioni, pascoli, pecore

L’arrivo circa cinque anni fa di un pastore sardo sull’altipiano di Pradis ha comportato come effetto la ripresa di pratiche antiche e il nuovo apparire dei paesaggi del pascolo. I campi pascolati assumono un aspetto diverso da quelli falciati e in questo senso la lettura di questa trasformazione ha quasi un significato eretico nei confronti dell’immagine che noi consideriamo storica della montagna pordenonese. In realtà è solo con la fine del settecento che la vacca comincia a predominare sulla pecora, ma è a metà dell’800 che prevalgono le teorie degli agronomi che volevano introdurre la stabulazione al coperto per gli animali. Gli animali non dovevano andare all’erba, ma viceversa. Questo fu possibile solo con il maggior lavoro dei contadini, ma in una situazione di spopolamento e di abbandono delle risorse si può andare verso un nuovo regime di sfruttamento estensivo dell’altipiano.

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Versante pascolato

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pecore al pascolo

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La Fattoria didattica Sotto Sopra

19 sabato Dic 2015

Posted by Moreno Baccichet in Luoghi & Territori

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Tag

allevamento, Esplorazioni, fattoria didattica, Mini caseificio

Da pochi anni a Tramonti di Sotto è attiva una famiglia che proviene da Venezia e che ha costruito un afattoria che produce formaggio pecorino recuperando alcuni dei locali della vecchia latteria turnaria. Grazie a loro nella villa di Sotto continua la produzione casearia con dei prodotti molto simili a quelli che venivano prodotti in età medievale nella vallata.

Il loro progetto è molto complesso.

Ascoltate…

 

 

 

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Complessita ecologiche e colturali tra pianura e collina

04 mercoledì Nov 2015

Posted by Walter Coletto in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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allevamento, Aziende virtuose, chilometro 0

Esplorazioni partecipate nei paesaggi in trasformazione

Il Cibo produce e trasforma i paesaggi  Letture del paesaggio

agrario del Friuli Occidentale

Domenica 8 novembre 2015

Complessita ecologiche e colturali tra pianura e collina

Ritrovo ore 9,00 in piazza a Valeriano

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Scarica Programma della Giornata

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Una terra di acque nei colori dell’autunno

24 sabato Ott 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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Tag

acqua, allevamento, architettura, boschi, chilometro 0

Domenica 25 ottobre 2015

Una terra di acque nei colori dell’autunno

Ritrovo ore 9,00 presso il parcheggio del Parco delle fonti presso l’acquedotto “Acque del basso Livenza” a Torrate di Chions

La conservazione e la protezione di una risorsa importante come l'acqua ha prodotto un importante progetto di forestazione attorno alle prese dell'acquedotto di Torrate. In pochi anni quest'ambiente sta cambiando il suo carattere paesaggistico da aree di agricoltura intensiva a una selva planiziale tornando verso un paesaggio tradizionale. Visiteremo poi un ambiente, quello del cimitero degli ebrei, costruito alcune decine di anni fa con un intento di restauro paesaggistico degli ambienti delle olle di risorgiva. Si tratta di un community garden gestito da volontari e soggetto a un suo speciale processo evolutivo. Da qui sfioreremo la settecentesca azienda agricola di Braida Curti un tempo al centro di un sistema di prati umidi e di risaie oggi scomparse. Attraverseremo poi un tratto di campagna ancora ben conservata per raggiungere Ramuscello, patria della moderna agricoltura friulana da quando Gherardo Freschi iniziò a stampare l'Amico del Contadino nel 1842. Qui visiteremo l'esperienza del locale caseificio.

torrate

Percorso

Come arrivare: Per chi arriva dall’autostrada consigliamo di uscire a Villotta e prendere in direzione San Vito al Tagliamento. Dopo tre chilometri lungo la provinciale si vedranno a sinistra la torre piezometrica e quella medievale. Per chi arriva da Nord deve raggiungere San Vito al T. e attraversarlo seguendo le indicazioni per l’autostrada e arrivando così a Torrate.

Tempo di percorrenza: 7 ore

Grado di difficoltà: nessuno.

Motivazioni per la scelta dell’itinerario

La pianura sta subendo delle trasformazioni nel paesaggio agrario del tutto opposte a quelle che aveva subito una cinquantina di anni fa. Se allora l’espansione del paesaggio del mais e di una cultura dell’agricoltura gestita dalla filiera produttiva dei mangimifici e degli allevamenti industriali aveva comportato una avanzata dei seminativi, oggi vediamo un netto arresto di questi paesaggi. Nella zona umida di Torrate i paesaggi dei boschi e delle risorgive erano entrati in crisi a causa di progressive demolizioni e alla costruzione di un paesaggio di bonifiche. Se qualche decennio fa l’esperienza di ricostruire un brandello di quel paesaggio era sembrata una coerente risposta ai danni dello scempio oggi assistiamo a un progressivo nuovo infittirsi del paesaggio dei boschi attorno al medievale transito di Torrate. Il bosco umido che si espande a causa di nuovi impianti e di abbandoni agricoli ci sembra una importante cifra del cambiamento dei paradigmi dell’agricoltura in questa zona. Nel resto del territorio, quello meridionale, caratterizzato ancora da parcellizzazioni antiche, il paesaggio sembra conservarsi nonostante siano evidenti le espansioni dei vigneti industrializzati e qualche nuova esperienza di reinterpretazione dell’agricoltura di pianura.

Un po’ di Storia del paesaggio agrario

La mappa austriaca dell’inizio dell’800 mostra in modo chiaro quello che era il paesaggio di antico regime dell’area di Torrate. Un ambiente umido, sottolineato dagli azzurri e dai verdi intensi. Un ambiente naturale con il quale fin dall’inizio l’uomo si dovette confrontare per colonizzare le ampie superfici boscate. L’acqua poteva però anche essere una risorsa, anche in funzione del fatto che essendo di sorgiva aveva temperatura e portata costanti tutto l’anno.

Non è un caso che il processo di erosione delle terre pubbliche nella seconda metà del ‘600 provochi la costruzione di una azienda agricola centrata sull’acqua. La famiglia Curti dopo il 1664 acquisterà alcune terre comunali di Savorgnano caratterizzata da una potente presenza d’acqua per costruire una originale risaia centrata su un sistema di strade che solcavano la campagna costruendo un tridente. Al centro di questa composizione agricola sorse Braida Curti, l’azienda agricola che faceva riferimento alla pileria di Sesto al Reghena. Questa, nell’espansione del riso in pianura è senza dubbio una delle aziende poste più a monte della pianura friulana. L’azienda permetteva di caricare i recinti usando in modo sapiente le diverse quote dei canali di risorgiva e interpretando le micromorfologie.

Durante l’escursione non avremo modo di visitare questi luoghi oggi quasi abbandonati. Il sistema delle rogge è molto fitto e non sempre è possibile trovare dei varchi per superare le acque. Per un motivo decisamente diverso non potremo vedere le aree di due interessanti stagni posti poco sotto le Torrate. I Laghi Bric e Bianco sono una proprietà cinta e difficilmente visitabili. Nonostante qui si pratichino attività di tiro al piattello i valori naturalisti del luogo sono indubitabili nonostante le forme acque abbiano un impianto seccamente antropico. L’economia dell’acqua e del riso nel ‘900 fu sostituita da quella dell’erba come lascerebbero intendere le ampie stalle abbandonate a Braida Curti. Certo è che le aree lontane ai villaggi furono colonizzate dalle coltivazioni a macchina in epoca recente.

Oggi la campagna che attraverseremo presenta ancora il carattere del particellato storico anche se il paesaggio non ha più un aspetto policolturale. Dopo la stagione del seminativo industriale il territorio si sta infittendo di un disegno di vigne industriali e filari di alberi da frutta. Sempre di più il cambiamento lento e quasi impercettibile ci accompagna verso un nuovo paesaggio agrario.

Descrizione dell’itinerario

L’acquedotto “Acque del basso Livenza”

Le iniziative per sfruttare l’acqua sorgiva delle Torrate iniziarono nel 1912 ma solo nel 1955 fu costituito il Consorzio Acquedotto del Basso Livenza, con sede ad Annone Veneto e oggi questa fonte rifornisce un vasto territorio tra le province di Venezia, Pordenone e Treviso, servendo circa 140.000 abitanti. La torre piezometrica emerge nel profilo storico della vegetazione del bosco di Torrate contrapponendosi al landmark della torre medievale. L’ambito dei pozzi è all’interno di una grande proprietà del Consorzio che per difendere i 22 pozzi dalle ricadute negative che potrebbe dare la tradizionale coltivazione a seminativi.

Nel 2003 l’Acquedotto ha acquistato tutti i terreni vicini ai pozzi inibendo così i possibili inquinamenti derivati da pesticidi o concimi. Sono stati piantate diverse migliaia di alberi sugli ottanta ettari che avvolgono i pozzi di presa e ormai l’ambiente comincia a autoregolarsi da solo aumentando la crescita spontanea del bosco umido. Un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica da 20 KW integra con energia rinnovabile la richiesta di potenza elettrica richiesta dalle pompe di sollevamento delle acque.

Il bosco delle fonti oggi è in fase di progressiva evoluzione e di colonizzazione da parte della fauna e della flora locale che qui trova di nuovo rifugio.

L’insediamento medievale di Torrate

Per questo piccolo borgo transitava la vecchia strada che da Motta di Livenza conduceva a San Vito e al guado del Tagliamento. San Vito nacque come una terra patriarcale attrezzata come abitanza per il commercio e il controllo del guado. La strada però finiva in questo tratto per inoltrarsi in un territorio di boschi e paludi difficile da attraversare e lungo la sola lingua di terreno semi asciutto si consolidò il transito commerciale e quindi la necessità di controllare i luoghi anche attraverso la costruzione di un castello feudale. Il maniero appartenne sempre alla famiglia dei Signori di Sbrojavacca, vassalli del Patriarca di Aquileia e degli abati di Sesto. La dimensione della fortificazione richiama alla mente un ambiente abitato di grande dimensione costruito in età bassomedievale con mattoni, ma possiamo immaginarci attorno e dentro al recinto murato anche una grande quantità di edifici in legno adibiti agli usi più disparati. La presenza di enormi risorse boschive a un prezzo bassissimo permetteva di garantire una tradizione di edilizia in legno oggi ormai sostituita da quella più resistente ma comunque ormai in crisi, delle case agricole in muratura. La moderna costruzione di una villa di famiglia all’interno di ambiti coltivati, seguendo la moda delle ville venete, portò all’abbandono della residenzialità del castello e al lento decadimento del recinto murato che nel 1820 fu quasi completamente demolito perché usato come cava di prestito per la costruzione di edifici utili all’azienda agricola. Nonostante tutto quello di Torrate è un castello che ricostruisce una immagine dell’insediamento antico altrove perduta. I resti del recinto e del fossato, la medievale chiesa di S. Giuliano e le poche case distribuite in modo irregolare richiamano i temi della dualità tra fortezza e villaggio. Il borgo ancora oggi è proprietà della storica famiglia Sbrojavacca che da alcuni decenni sta cercando un difficile recupero del borgo e durante la nostra visita ci racconteranno quelli che sono i loro intenti.

Una riserva biogenetica: il boscat

Gli anni ’70 hanno visto in questa zona il massimo dell’espansione dell’agricoltura industriale nei confronti del paesaggio tradizionale dei boschi e delle praterie umide. Il solo residuo originale del bosco antico per molti decenni è rimasto il boscat che con la nostra camminata sfioreremo. Oggi il profilo di questa struttura boscata comincia a confondersi con quello potente e rigoglioso delle fonti, ma senza dubbio in questo settore tradizionale si conserva la tradizionale memoria biologica del paesaggio antico.

Il boscat si trova in comune di San Vito al Tagliamento a confine con quello di Chions e misura solo sette ettari. Al suo interno oltre alla quercia gentile e al carpino bianco, troviamo altri alberi e arbusti quali l’acero campestre, il frassino a foglia stretta, l’olmo campestre, il ciliegio selvatico, il biancospino, il prugnolo e il nocciolo e molti altri. A parte la copertura del bosco l’ambiente è molto importante per per la presenza di un sottobosco che conserva piante di grande valore che potranno insediarsi spontaneamente anche all’interno del parco delle fonti come il bucaneve, il giglio martagone e il giglio giallo e alcune specie di orchidee selvatiche. Il bosco è riconosciuto come un Sito di Interesse Comunitario (SIC) e le dinamiche in corso nell’area sembrano poter garantire oltre alla conservazione anche il potenziamento dei valori naturalistici in gioco.

Il cimitero degli ebrei

Visitare il cimitero degli ebrei di San Vito equivale a incontrare uno dei migliori episodi di risposta ambientale alla crisi del paesaggio agricolo degli anni ’70 del secolo scorso. Quando ormai era chiaro che il paesaggio agrario storico stava collassando e che il sistema dell’agricoltura intensiva stava semplificando l’ambiente alcuni illuminati ambientalisti coordinati da Paolo De Rocco cercarono di salvare lo storico sito del cimitero ebraico e di ricostruire, per salvaguardarlo, un brano del paesaggio delle zone umide. Una dopo l’altra le olle di risorgiva venivano riempite e spianate per arare anche lo spazio delle acque. A questa barbarie si contrappose l’intelligenza di un progetto che partiva dal recupero di uno spazio simbolico, il sedime del cimitero degli ebrei abbandonato e distrutto alla fine del ‘700, ma che era ancora riconoscibile in un prato circondato da una spessa siepe di noccioli, ciliegi e olmi con al centro un grande ciliegio. All’esterno di questo campo si trova il sistema di risorgive della roggia Vignella.

Il progetto ha portato alla costruzione di un boschetto contornante un’ampia area umida interna che negli intenti di De Rocco e di WWF e LIPU voleva essere zona di protezione anche per gli uccelli di passo. Nella visita del sito ci faremo accompagnare dagli amici dell’associazione del Cimitero degli ebrei e del Bosco della Man di Ferro, che sono nostri partner in questo progetto di ricerca.

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Il progetto del cimitero degli ebrei di Paolo De Rocco

L’azienda agricola Fabee

Anche a Sesto al Reghena abbiamo rintracciato nuove esperienze di agricoltura che promuovono filiere corte locali. L’azienda agricola Fabee alleva capre e dispone di un suo piccolo caseificio e di uno spaccio aziendale. In questo modo viene garantito un rapporto stretto con il consumatore e un prodotto alternativo a quello della produzione casearia tradizionale.

La capra ritorna in questi territori dopo che per più di un secolo si era stimolato l’allevamento delle mucche all’interno di aziende famigliari centrate su una attività policolturale. Qui invece il caprino la fa da padrone anche se la dimensione della produzione è contenuta e locale, centrata sulla vendita nello spaccio. Si tratta di una delle poche nuove esperienze di costruzione di una filiera completa all’interno dell’orizzonte della stessa azienda

visignano

La Kiegskarte mostra come gli abitato di Bagnarola, Visignano e Ramuscello fossero circondati da aree umide evidenziate in verde

Il caseificio Venchiaredo

Potremmo dire che questa esperienza casearia è molto diversa da quella tradizionale e presenta aspetti di unicità nel panorama del Friuli Occidentale. Il caseificio nato nel con l’omonima cooperativa nel 1968 non era molto diverso da altre latterie che concentravano la loro produzione sul formaggio stagionato tipo Montasio. Successivamente si decise di specializzare l’azienda nella produzione di formaggi a pasta molle, per lo più stracchino e crescenza ampliando l’area di conferimento del latte. Il successo di questa strategia e un rapporto stretto con la grande distribuzione ha sviluppato dei valori di produzione incredibili: 30.000.000 kg di latte lavorato, con la produzione di 5.500.000 kg di stracchino e un fatturato al 2014 di 42.000.000 di euro. Parte di questo prodotto viene venduto all’estero ma fornisce una ricaduta positiva sulle aziende locali. Anche se queste modalità di produzione tendono a consolidare le forme della produzione agricola e degli allevamenti industriali è pur vero che il Venchiaredo è una esperienza unica in regione e come tale va riconosciuta.

La casa di Gherardo Freschi

L’escursione finirà di fronte alla villa Freschi di Ramuscello che vedremo solo in lontananza e che fu l’abitazione di quel Gherardo che negli anni ’40 dell’800 pubblicò uno dei giornali di agricoltura più importanti di Italia: l’Amico del contadino. Osserveremo da lontano quella che fu la fucina di un movimento di rinnovamento dell’agricoltura italiana.

Per partecipare

La passeggiata si svilupperà per lo più su stradine campestri. Si consigliano le pedule o le scarpe da ginnastica e un abbigliamento “a cipolla”. Lasceremo alcune auto all’arrivo e provvederemo a riportare gli autisti al punto di partenza ad escursione finita.

L’escursione prevede una camminata lenta di circa sette ore priva di difficoltà. Chi viene con i figli è pregato di prestare a loro le dovute attenzioni.

Vi raccomandiamo un abbigliamento conforme alla stagione variabile soprattutto in considerazione delle previsioni del tempo.

Per i problemi finanziari dell’associazione le escursioni di Luoghi&Territori non sono gratuite, ma sottoposte a una quota di rimborso spese per compensare i costi organizzativi. I non iscritti pagheranno 5 euro mentre gli iscritti 3. Per i bambini rimane tutto gratuito.

Numero massimo di adesioni: trenta con obbligo di prenotazione.

Per informazioni e prenotazioni:

Moreno Baccichet: 043476381, oppure 3408645094, moreno.baccichet@gmail.com

Informazioni aggiornate saranno inserite nel sito dell’associazione: www.legambientefvg.it e www.luoghieterritori.wordpress.com

Ringraziamo per il prezioso aiuto la Regione Friuli Venezia Giulia

Il progetto è sostenuto dalla Regione FVG, in base ai contributi previsti dalla LR 23/2012 

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Nuovi progetti pastorali a Clauzetto e sul Monte di Asio

18 giovedì Giu 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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Tag

allevamento, Clauzetto, Latteria di Pradis, Mini caseificio, pastorizia, Vito d'Asio

Domenica 21 giugno 2015

Nuovi progetti pastorali a Clauzetto e sul Monte di Asio

Ritrovo ore 9,30 presso il parcheggio delle Grotte Verdi di Pradis di Sotto

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L’altopiano ricco d’acqua di Pradis a partire dal ‘600 fu fittamente insediato con decine di borghi di piccola dimensione legati per lo più all’allevamento di pecore e capre. Questa presenza fu in qualche modo organizzata anche in relazione alla produzione di prodotti facilmente vendibili in pianura. Qui, come a Tramonti, si sviluppò una produzione storica e organizzata di produzione e vendita di formaggi teneri conservati nella salamoia. Questa tradizione sopravvive nelle due diverse forme di formaggio salato, quella proveniente da un formaggio tipo stracchino e quella che prevede la salamoia per un formaggio tenero tipo “latteria”. La produzione veniva svolta dalle diverse famiglie all’interno delle proprie cucine con procedimenti molto empirici. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 sorsero le prime latterie sociali che producevano un nuovo formaggio del tipo Montasio. Questo cambiò in modo radicale il rapporto con le risorse riducendo il pascolo brado e privilegiando l’allevamento in stalla di vacche che venivano alimentate con foraggio. La crisi di questa economia dopo la seconda guerra mondiale portò a un collasso del sistema economico dell’altipiano. Negli anni ’80 e ’90 furono tentate delle iniziative di modernizzazione (l’allevamento di ungolati selvatici sul monte Pala, coltivazioni intensive di patate, l’acqua Pradis), senza riuscire ad invertire la crisi delle produzioni alpine. Oggi su questi altipiani la ripresa dell’allevamento e di una nuova forma di attività casearia si percepisce come un elemento di continuità rispetto alla recente tradizione.

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Percorso

Come arrivare: Arrivati a Clauzetto dall’udinese attraverso Vito d’Asio e da Travesio per i pordenonesi si supera il paese per piegare a sinistra verso Pradis di Sotto e le segnalate Grotte Verdi. Potete anche seguire i cartelli dell’acqua Pradis. Il parcheggio delle grotte è molto ampio e ombreggiato.

Tempo di percorrenza: 8 ore

Grado di difficoltà: nessuno.

Motivazioni per la scelta dell’itinerario

Anche a Clauzetto, come a Tramonti a partire dal XVII secolo ci fu una importante diaspora insediativa che portò molte famiglie del paese ad abitare piccole borgate esterne al villaggio medievale. La zona di Pradis era stata colonizzata già nel medioevo con la costruzione di quel paesaggio di praterie artificiali richiamato dal toponimo. Le zone utilizzate per il pascolo pubblico videro prima la costruzione di un diffuso sistema di piccole stalle private su modesti lotti ceduti dal comune, e poi la definitiva trasformazione di questi edifici in case d’abitazione vere e proprie, caratterizzate anche dalla messa a coltura dei terreni più fertili. Negli ultimi anni questo paesaggio si è profondamente alterato lasciando sempre più spazio a formazioni boschive spontanee. Le attività umane legate all’agricoltura sono quasi del tutto scomparse. Oggi invece qualcosa sembra riprendere il senso di una storica tradizione, quella dell’allevamento. Alcuni nuovi piccoli allevamenti sono sorti in valle e la riapertura della latteria di Orton a Pradis di Sopra lascia ben sperare per una conservazione dei paesaggi dell’economia dell’erba.

Un po’ di Storia del paesaggio agrario: Agricoltura e allevamento in vallata

Fino all’unità d’Italia la mancanza di strade di grande traffico non aveva mai posto l’altipiano di Clauzetto in una condizione di crisi. Anzi, prima della costruzione delle strade austronapoleoniche 1805-1815, la montagna, pur essendo un grande rilievo, era più facilmente transitabile della pianura perché non soggetta ad alluvioni o a terreni molli e paludosi. Ora invece, affacciandosi la modernità, la montagna sembrò lontana dai centri del potere e del commercio. In questo senso vanno letti gli sforzi per togliere Clauzetto dall’isolamento dotando il capoluogo di una strada carrozzabile: “ strada da Clauzetto per Castelonovo, costruzione costosissima, di gran lunga superiore alle forze di quei comuni, e tuttavia assai necessaria, giacché Clauzettto al pari di Vito d’Asio, manca tutt’ora di strade carrozzabili, che le congiungano al centro distrettuale”1.

Se in età d’antico regime Clauzetto non viveva la sensazione di essere un luogo periferico la costruzione di questa strada e di quella diretta a Pielungo furono mitizzate come una sorta di soluzione ai problemi di arretramento sociale ed economico della montagna pordenonese.

Nella Statistica pastorale pubblicata el 1869 la zona del formaggio asino era tenuta in particolare considerazione e si può notare come la presenza di ovini e caprini in paese fosse già poco rilevante. A Clauzetto furono individuati 392 animali distribuiti in 69 famiglie, contro i 2660 di Tramonti di Sopra e i 1842 di Tramonti di Sotto. Evidentemente la pastorizia aveva un impianto più legato alla raccolta del foraggio e all’allevamento in stalla. Solo Vito d’Asio faceva eccezione perché le dimensioni del Canale dell’Arzino garantivano ampi pascoli alla transumanza di pecore (1105) e alle capre (743). Nel nuovo paesaggio densamente abitato di Pradis le grezzi avrebbero prodotto solo conflitti. Non a caso a Clauzetto le vacche da latte erano 222 e i bovini complessivamente 289 concentrati nelle mani di sole 32 famiglie. Si trattava di poche famiglie che avevano molti animali, esattamente il contrario di quello che accadeva nel contermine villaggio di Vito d’Asio dove ben 157 famiglie si dividevano un patrimonio di 520 bovini, dei quali ben 363 vacche da latte. Anche sugli equini il rapporto tra i due insediamenti era molto diverso, a Vito d’Asio venivano contati 24 muli, mentre a Clauzetto solo 16. Per quanto riguarda i maiali si può notare che una maggiore disponibilità di cibo permetteva di allevare molti capi in più di quelli prodotti in Val Meduna. I suini a Clauzetto erano 43 presenti nei cortili di 36 famiglie, mentre a Vito d’Asio erano 66 in 55 famiglie2.

Agli inizi del ‘900 l’interesse per l’allevamento si esprimeva in una attenzione particolare per le casere e i caseifici moderni, ma Clauzetto e Vito d’Asio non erano certo ricchi di malghe pubbliche. Il primo vantava Malga Polpazza, sul monte Pala, ma con un carico di animali sproporzionato per le risorse foraggere. Nel 1903, per circa 85 giorni, il pascolo avrebbe ospitato 78 vacche da latte, 25 vitelli o manze, una capra e un maiale per recuperare produttivamente il siero del latte. Sullo stesso monte la malga dei Cecconi detta Pala riusciva a garantire il pascolo a 140 bovini. Le pecore ormai erano del tutto assenti da questi settori della montagna pordenonese. Il cambiamento nel consumo del formaggio aveva ormai modificato in modo radicale i meccanismi di produzione. Era comunque ben chiaro come lo spartiacque culturale nell’approccio all’allevamento dei bovini e alla produzione del formaggio dividesse i settori di Meduna e Arzino da quelli della Valcellina: “”come per le forme d’uso dei pascoli alpini, pei sistemi colturali e per la tecnica del caseificio, così differiscono le zone alpestri dei due distretti di Spilimbergo e Maniago per le varietà d’animali bovini”3. Questi non avevano un carattere di purezza della razza per manto e dimostravano come questa forma di allevamento fosse ancora poco codificata anche a livello genetico. In alcuni casi le cronache ricordano come la razza “Carnico-Bruneck si trova predominante a Pinzano, Forgaria, Vito d’Asio, Clauzetto, Castelnovo e Frisanco”4.

Il successo dell’allevamento bovino tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 ci è confermato dal censimento fatto dal Catasto Agrario del 1929 che ci mostra come a Clauzetto i bovini fossero ormai 817, i muli si erano ridotti a 12 unità, i suini erano invece aumentati raggiungendo il numero di 94, le pecore erano 626 e le capre 156. Questo censimento degli animali permette di cogliere l’apice del popolamento umano e animale a Clauzetto. Proprio nel momento in cui si fondavano nuovi meccanismi di produzione del cibo (vedi la latteria di Pradis) la pressione dell’uomo sulle risorse alpine aveva raggiunto i livelli maggiori. Le attività di sfruttamento del suolo ormai occupavano ogni angolo della vallata, persino i più impervi e difficili.

All’apice della dispersione insediativa gli abitanti esterni alla villa medievale di Clauzetto erano superiori a quelli risiedenti nel villaggio. La polverizzazione della presenza umana aveva garantito nel capoluogo meno di un terzo degli abitanti del comune al censimento del 1921 (3115), A Pradis di Sopra venivano contati 749 abitanti, a Pradis di Sotto 931 e a Celante, sui versanti argillosi della zona bassa del comune, venivano censiti 442 individui. A Clauzetto invece se ne contavano 993. Altrettanto dispersa era la popolazione di Vito d’Asio che si sgranava lungo il Canale dell’Arzino.

Se cerchiamo di ricostruire le forme di sfruttamento del suolo a Clauzetto quasi un secolo fa scopriamo che il carattere principale era quello del pascolo.

Le terre coltivate non superavano i 22 ettari, mentre le praterie e i pascoli ne contavano 1736. Per rendersi conto di come il paesaggio fosse completamente diverso da quello attuale basti pensare a come i boschi si limitassero a coprire 200 ettari nei settori più periferici del comune, mentre bel 595 ettari non erano coltivati e 309 risultavano essere del tutto improduttivi.

Oggi l’aspetto dei territori che attraverseremo è del tutto diverso. I coltivi sono praticamente scomparsi e con loro molte delle varietà tradizionali di cereali e ortaggi tipici della valle. Il patrimonio biologico degli alberi da frutto è stato quasi completamente disperso e le praterie si sono nella maggior parte dei casi trasformate in boscaglie incolte.

Durante la nostra esplorazione cercheremo di renderci conto di questa radicale trasformazione paesaggistica e colturale prodottasi durante gli anni dello spopolamento.

Il cibo di riferimento

L’acqua Pradis

Era l’inizio degli anni ’90 quando fu proposta una attività sull’altipiano di Pradis del tutto nuova . Fino ad allora i rilievi della Val d’Arzino erano stati famosi per le proprietà curative delle acque di Anduins, mentre vicino a Gerchia un imprenditore cominciò una azione per costruire uno stabilimento di imbottigliamento di un’acqua minerale particolarmente priva di sali minerali. L’acqua che era sempre stata un elemento importante nel paesaggio della Val d’Arzino e del Cosa diventava un bene di consumo. L’impianto fu costruito a Gerchia in un punto particolare delle pendici del M. Taiet, lungo una erosione della frattura periadriatica.

Il formaggio salato come abbiamo visto era un prodotto diffuso già nel ‘500 anche se era prevalentemente prodotto con latte di pecora e capra. Successivamente, con l’aumento delle vacche in Val Meduna si pervenne alla produzione di un formaggio tenero che doveva essere conservato in salamoia. Si trattava di un prodotto molto richiesto dalle cittadine mercantili e veniva venduto anche a Venezia come cibo per i marinai, perché in salamoia riusciva comunque a conservarsi nelle stive delle navi. Successivamente i nuovi gusti alimentari introdussero le nuove tecniche di caseificazione per ottenere prodotti stagionabili e facili da vendere in pianura: ma la tradizione del formaggio in salamoia non fini mai per scomparire e ancora molte valligiane sono specializzate nel trasformare questo prodotto.

La salamoia – in gergo “salina” – viene conservata, in mastelli di larice, in appositi locali della casa e dei caseifici a temperature non superiori ai 14°C al momento dell’immersione delle forme e per i 40 giorni successivi all’inizio del procedimento. La salamoia è derivata da un composto – detto “madre” – costituito da una miscela di acqua, sale, panna d’affioramento e latte, in percentuali variabili in relazione all’originale momento della sua formazione.

La salamoia deve essere integrata con l’aggiunta delle medesime sostanze che la costituiscono con frequenza mensile. A seguito delle integrazioni, l’amalgama deve essere energicamente rimescolato. La massa liquida della salamoia viene almeno ogni due giorni agitata con un mestolo-bastone, per assicurare l’ossigenazione e mantenere l’omogeneità anche superficiale del composto. Le forme vengono mantenute in salamoia per un periodo non inferiore ai 60 giorni, computati dall’inizio della lavorazione del latte, e non superiore ai 120 giorni.

Il formai del Cit, simile al carnico formai frant, è il più recente dei prodotti tipici. Si tratta di un prodotto realizzato con gli sfridi della stagionatura del formaggio. Un tempo i resti e le porzioni di formaggio mal stagionate venivano recuperate in casera o presso l’abitazione del produttore costruendo un agglomerato di formaggio che veniva conservato a stagionare sotto latte. Si presenta come un formaggio spalmabile, dall’odore forte e dal sapore un po’ piccante.

Il formaggio può avere una stagionatura che va dai 2 ai 12 mesi e con il latte viene creato un impasto lavorato a mano. Viene poi conservato in bacinella per 6-7 ore e poi si ripassa per il tritacarne. Si consuma entro 10 giorni dalla data di preparazione.

Questo prodotto deve il suo nome al “cìt” con cui veniva indicato il “vaso di pietra” usato per conservare l’impasto aromatizzato a base di formaggio.

Il formaggio di Latteria

Il formaggio a pasta dura della tradizione del Montasio è un formaggio relativamente recente nel panorama della produzione casearia dell’altipiano è cominciò a consolidarsi nella pratica solo dopo che fu costruita la latteria Turnaria, ancora oggi perfettamente conservata. Per produrre questo formaggio ci volevano le conoscenze tecniche di un casaro e una strumentazione di caldaie efficiente e perfettamente conservata a Pradis.

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Il formaggio pecorino

Da circa cinque anni anche a Clauzetto è ripreso l’allevamento brado delle pecore grazie a un pastore sardo. La sua esperienza è estremamente interessante perché recuperando un capannone abbandonato e attrezzandolo con un mini caseificio a Clauzetto si è ripresa la prsuzione di formaggio pecorino che in epoca antica era senza dubbio il prodotto più popolare. La frugalità degli animali e le dimensioni ridotte dell’investimento permettono di garantire una ripresa del pascolo sulle aree abbandonate. Una sorta di nuova colonizzazione pastorale, almeno per alcuni piccoli settori di Pradis.

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Descrizione dell’itinerario

La grotta dei cacciatori di Marmotte

Nella preistoria il paesaggio dei luoghi era completamente diverso e il clima più freddo garantiva in questo settore un ambiente vegetazionale e faunistico che oggi è tipico dell’alta montagna. Vicino a Gerchia passeremo a fianco di un riparo sotto roccia che migliaia di anni fa era utilizzato dai cacciatori per scuoiare e le loro prede, in questo caso marmotte, che evidentemente vivevano all’interno di un paesaggio di praterie naturali.

Lo stabilimento dell’acqua Pradis

Uno dei due stabilimenti di imbottigliamento dell’acqua in provincia di Pordenone è quello presente a Pradis e sfrutta una pccola sorgente alla base di una montagna un tempo intensamente pascolata. Oggi il carattere selvaggio del M. Taiet garantisce la purezza di quest’acqua imbottigliata direttamente alla sorgente e diretta alla pianura attraverso un sistema stradale poco adatto ai carichi pesanti.

Il cimitero della battaglia di Pradis

Non è ancora giunto il centenario della battaglia di Pradis che vide contrapporsi proprio sulla sella di Pradis le truppe italiane in ritirata dopo Caporetto (1917) e le avanguardie tedesche posizionate sul vertice della salita. Il paesaggio agrario oggi è profondamente mutato e l’estesa faggeta rende difficile immaginare la scena dello scontro. In compenso visiteremo il suggestivo cimitero costruito come una fortezza militare, con torrini angolari,che ospita sia i soldati italiani, nel registro inferiore, che quelli tedeschi, in quello superiore.

La latteria di Pradis di Sopra

Da meno di un decennio la latteria di Pradis ha riaperto i battenti assorbendo nuovamente la piccola produzione di latte dell’altipiano e attirando a se alcuni altri produttori locali. In poco tempo la nuova gestione è diventata un punto di riferimento per rintracciare gusti della tradizione casearia, ma anche invenzioni come il formaggio del Cit con pepe e ginepro.

L’allevamento delle pecore e un micro caseificio

Sempre nella frazione di Orton circa un lustro fa un pastore sardo ha recuperato un capannone abbandonato per costruire una moderna attività di allevamento della pecora e trasformazione del latte producendo un ottimo formaggio pecorino. Anche lui ci racconterà la sua esperienza e potremo osservare come il rinato allevamento ovino stia riuscendo a conservare alcuni spazi prativi opponendosi all’avanzata del bosco.

L’allevamento dei bovini

A Pradis la possibilità di conferire il latte alla piccola latteria ha prodotto delle ricadute locali estremamente interessanti. Stanno aumentando il numero di capi e di allevatori, così come si cominciano a vedere delle positive ricadute sul paesaggio attraverso le pratiche di falcio e di pascolo che oggi sono più estese che in passato. Questo dimostra il consolidarsi di una spontanea filiera corta.

L’agriturismo al Paradiso

Alcuni anni fa nello speciale ambiente del Mont di Vito d’Asio è stato realizzto un agriturismo centrato sui temi dell’allevamento ovino. Dopo una crisi del progetto questo complesso capace di proporre ristorazione e ospitalità è stato affittato da un cuoco tunisino che sta cercando di ricostruire un gregge di centinai di pecore che sarebbe capace di controllare l’avanzata del bosco sulle poche superfici prative rimaste.

Per partecipare

La passeggiata si svilupperà per lo più su stradine campestri. Si consigliano le pedule o le scarpe da ginnastica e un abbigliamento “a cipolla”. Lasceremo alcune auto all’agriturismo d’arrivo e provvederemo a riportare gli autisti al punto di partenza ad escursione finita.

L’escursione prevede una camminata lenta di circa otto ore priva di difficoltà. Chi viene con i figli è pregato di prestare a loro le dovute attenzioni.

Vi raccomandiamo un abbigliamento conforme alla stagione variabile soprattutto in considerazione delle previsioni del tempo.

Per i problemi finanziari dell’associazione le escursioni di Luoghi&Territori non sono gratuite, ma sottoposte a una quota di rimborso spese per compensare i costi organizzativi. I non iscritti pagheranno 5 euro mentre gli iscritti 3. Per i bambini rimane tutto gratuito.

Numero massimo di adesioni: trenta con obbligo di prenotazione.

Per informazioni e prenotazioni:

Moreno Baccichet: 043476381, oppure 3408645094, moreno.baccichet@gmail.com

Informazioni aggiornate saranno inserite nel sito dell’associazione: www.legambientefvg.it e www.luoghieterritori.wordpress.com

Ringraziamo per il prezioso aiuto la Regione Friuli Venezia Giulia

1 Discorso pronunciato dal Comm. Avv. Eugenio Fasciotti prefetto della Provincia di Udine nell’aprire la sessione ordinaria del Consiglio Provinciale, Udine, 1870

2 Tacito Zambelli, Statistica Pastorale, “Bullettino dell’Associazione Agraria Friulana”, n.17-18, 1869, pp.515-557

3Tonizzo, I pascoli alpini dei distretti di Spilimbergo e Maniago, Bollettino dell’Associazione Agraria Friulana, vol.XX, n.4-6, 1903, p.152

4 Umberto Sellan, Lo stato attuale delle stazioni friulane di monta taurina, “Bullettino dell’Associazione Agraria Friulana, a.52, n.12-13, 1907, p.351

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Alido Rugo e la riscoperta della pitina della Val Meduna

07 domenica Giu 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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Alido Rugo, allevamento, Esplorazioni, Pitina, Tramonti di Sopra

A partire dagli anni ’70 la riscoperta di valori storici per una comunità che si stava dissolvendo abbandonando interi settori della vallata fecero perno sulla storica tradizione della pitina. Questa sorta di polpettone affumicato di carne di pecora, la più diffusa in vallata, divenne l’occasione per porre l’attenzione alla propria identità. Alido Rugo è stato uno degli artefici di questa riscoperta culinaria seppure queste attività di rilancio siano state accompagnate da una evidente crisi dell’allevamento.

Alido ci ha raccontato la sua esperienza alla guida della Pro Loco, il volume di ricordi sulla pitina pubblicato pochi anni fa e ci ha poi accompagnati a visitare uno storico affumicatoio privato, Le pratiche di conservazione con la farina e l’affumicatura erano un patrimonio di conoscenza di ogni famiglia.

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Giacomo Urban, sindaco di Tramonti di Sopra ci introduce all’esplorazione con i suoi ricordi

07 domenica Giu 2015

Posted by Moreno Baccichet in Esplorazioni, Luoghi & Territori

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allevamento, Esplorazioni, Pitina, Tramonti di Sopra

L’escursione del 10 maggio a Tramonti è iniziata con un ricordo del sindaco Urban sul vecchio sstema di pascolo tradizionale degli ovini e sulle tradizioni alimentari delle famiglie. Si è trattato di un ricordo capace di accendere la ricerca.

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