Per chi ci vuole raggiungere domenica pomeriggio al Parco
Presentiamo il nuovo libro nel Parco Rurale di San Floriano a Polcenigo
18 venerdì Nov 2016
Posted Eventi, libri, Luoghi & Territori
in18 venerdì Nov 2016
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07 venerdì Ott 2016
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allevamento, Associazione Agraria Friulana, cibo, Friuli Occidentale, gratis, Legambiente Pordenone, libro, Luoghi&Territori, Moreno Baccichet, paesaggi, Paesaggio friulano, scarica
Il cibo da sempre produce paesaggio: le diverse tradizioni alimentari si sedimentano e trasformano i territori. L’evoluzione della società contemporanea e, soprattutto, del rapporto tra città e campagna, porta a nuove trasformazioni sul paesaggio, indotte dagli stili di vita, dai modelli comportamentali, dalle abitudini alimentari della popolazione.
Alcuni prodotti, che nel Friuli Occidentale consideriamo storici, sono stati inventati poco più di un secolo fa e anche il concetto di recupero della tradizione a volte propone, nel bene e nel male, cibi molti diversi da quelli originari. Le campagne producono quello che le città chiedono e oggi che tutto il territorio è di fatto città, soprattutto in contesti densamente abitati come quello pordenonese, la campagna esprime in termini paesaggistici l’idea delle comunità inurbate.
L’economia e le mode alimentari influenzano in maniera determinante l’evoluzione del paesaggio, ma questi cambiamenti sono così lenti che a volte non si percepiscono.
Percorrere il territorio a piedi, tenendo conto di una lettura diacronica e storica rispetto alla produzione del cibo nel territorio, come abbiamo fatto con la campagna di Legambiente “Il cibo produce e trasforma il paesaggio”, permette di cogliere i mutamenti in corso, innescando occasioni di dibattito e critica.
Il libro è disponibile anche in cartaceo richiedendolo in sede alla Casa del Popolo di Pordenone e concordando un ritiro previa offerta volontaria di qualche euro. Per ritirare la copia fisica dovete concordare un incontro con le volontarie attive in sede. Benedetta e Martina di norma sono disponibili in queste due fasce orarie: 9,30-12,30 e 14,30-16,30. Il numero di telefono della Casa del Popolo è0434540483
Per avere comodamente il pdf Basta clikkare qui sotto
26 venerdì Giu 2015
Posted libri
inSull’ultimo numero dell’edizione italiana di “Le Monde Diplomatique” è apparsa questa recensione di Gregorio Piccin al libro curato da Moreno Baccichet:
FORTEZZA FVG
Dalla guerra fredda alle aree militari dismesse.
A cura di Moreno Baccichet
Edicom edizioni, Monfalcone, 2015
pp.292
Fortezza FVG raccoglie buona parte degli atti dell’omonimo convegno organizzato da Legambiente a Pordenone il maggio dello scorso anno per affrontare il tema della più estesa struttura militare difensiva approntata in Italia dopo il 1945. Si tratta di quella intricata rete di caserme, casermette, poligoni e bunker costruite in Friuli per fronteggiare una inverosimile aggressione dell’Armata rossa, oggi oramai dismesse e lasciate in totale stato di abbandono.
Dagli anni sessanta venne concentrato in Friuli il 70% della forza operativa militare nazionale mentre a partire dagli anni settanta venne costruita una rete frontaliera di bunker con la funzione di “fornelli” per attivare mine nucleari in grado di vaporizzare una consistente porzione di territorio regionale.
Le incontenibili servitù militari che necessariamente accompagnarono questo processo di militarizzazione furono attivate utilizzando una legge fascista del 1931 ed arrivarono a sommergere il 40% del territorio regionale con la designazione delle così dette “zone militarmente importanti”. I pesantissimi vincoli e le ipoteche che quella legge poneva, unite al totale disinteresse dei comandi per il territorio bloccarono lo sviluppo socio-economico di una regione già marginale e spinsero in più occasioni al confronto diretto popolazioni ed enti locali da una parte e la sprezzante ragione atlantica dall’altra. Solo nel 1976, con l’approvazione della Legge 898, questo peso venne appena alleggerito costituendo il Comitato misto paritetico Regione/Autorità militare e cancellando il vincolo di “zone militarmente importanti” su 29 comuni. Ma soprattutto, fu sempre nel 1976 che questa elefantiaca pressione militare restituì a se stessa ed ai territori un po’ di senso (forse l’unico) quando si dimostrò insostituibile nel soccorso e nella rimozione delle macerie causate dal tremendo terremoto che colpì il Friuli proprio quel anno.
Questo volume è quindi il punto di arrivo di un percorso di inchiesta e cartografia partecipata dove la mappatura dei siti interessati dalla dismissione ha interessato enti locali, studiosi, singoli cittadini invitati a segnalare anche i siti più interni e sconosciuti. L’approccio corale, multisciplinare e multimediale è senza dubbio l’aspetto più pregevole di questa inchiesta dal basso.
Ma il senso di questo lavoro non è la mappatura della dismissione in sé, che comunque sopperisce ad una ventennale mancanza dello Stato bensì l’affermazione della necessità di un piano razionale per il recupero, la conversione oppure la demolizione delle strutture.
Oltre ad alcuni casi di avvenuto recupero o conversione delle aree militari dismesse messe in campo da amministrazioni locali particolarmente attente, il libro presenta alcune proposte interessanti: la più significativa e di ampio respiro è senza dubbio la realizzazione di un Museo nazionale della guerra fredda con una doppia dislocazione (urbana e diffusa sul territorio) e con la prospettiva ambiziosa e delicatissima di mettere insieme storia, oggetti, cimeli, documenti, testimonianze, architetture militari; delicatissima perchè il rischio più grande è che tutta l’operazione possa trasformarsi nella solita odiosa e storicamente scorretta autocelebrazione (si prenda a pessimo esempio, in questo senso, il Museo della Grande guerra di Gorizia).
Unico limite di questo prezioso lavoro è la totale assenza di una riflessione sul fatto che presente e passato si guardano allo specchio. Nel momento in cui l’Italia dismetteva la leva (con funzione territoriale/difensiva) per passare alla professionalizzazione delle Ff.aa, la guerra da “fredda” diventava “calda”: prima del 1989 costruivamo una fortezza inutile dal punto di vista strategico (già dagli anni sessanta qualsiasi conflitto tra i blocchi avrebbe significato la cancellazione nucleare reciproca), dopo quella data siamo diventati un paese apertamente belligerante e corresponsabile di guerre d’aggressione illegittime, destabilizzanti e spesso contrarie agli stessi interessi nazionali. Siamo passati cioè da una supina militarizzazione dei territori ad una incostituzionale belligeranza. Passato e presente continuano ad essere legati, mani e piedi, alle esigenze strategiche della nostra superpotenza di riferimento ed alla Nato, sua diretta emanazione. Credo che qualsiasi riflessione sulla “conversione postuma” post 89’ debba necessariamente legarsi ad una riflessione seria sulla “conversione preventiva” delle installazioni militari straniere.
18 giovedì Giu 2015
Posted libri
inAncora uno sforzo per rendere evidenti i risultati dello studio sulle aree militari dismesse presentando i risultati della ricerca nel luogo della politica.
Speriamo di essere sintetici e chiari
20 venerdì Feb 2015
Il libro di Pietro Valle presenta una interessante lettura di luoghi portata a termine con un atteggiamento speciale, quello di un architetto che indaga la forma territoriale come se questa fosse una enorme scultura dell’esperienza umana.
Ambienti e paesaggi, apparentemente disabitati, vengono esplorati da Pietro Valle secondo la tradizione, tutta friulana, dei “viaggi in patria”. Viaggi nei territori che costruiscono la nostra identità di abitanti e che nel caso specifico di Pietro Valle hanno una dimensione tranfrontaliera. Viaggi che esplorano il territorio come se fosse un’opera d’arte costringendo l’autore e il lettore a cercare nella forma un significato che superi la funzionalità di eloquenti presenze.
Ci è sembrato interessante proporre all’attenzione vostra e di chi attende o assolve alla preparazione del piano regolatore della città una prospettiva di lettura (nel libro si parla anche di Pordenone) che superi il dibattito sul consumo di suolo e sulla funzionalità degli strumenti per porre l’attenzione al tema dei valori che il territorio costruito assume per i
nostri “diversi” occhi.
09 lunedì Feb 2015
Con piacere annunciamo l’avvio delle presentazioni della pubblicazione
“Fortezza FVG – dalla guerra fredda alle aree militari dismesse“, curata da Moreno Baccichet.
La pubblicazione -che sarà presentata (almeno) nei 4 capoluoghi di provincia- è parte di un più ampio progetto dedicato al fenomeno delle aree militari dimesse,
alle esperienze e alle possibilità di riuso.
Vi aspettiamo a GORIZIA il prossimo 12 febbraio, alle ore 18:00
presso la Sala della Torre della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, via Carducci 2
L’intero Friuli Venezia Giulia dopo il 1945 è diventato una grande fortezza che, come la “Bastiani” del “Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati, non è mai stata usata per gli scopi per i quali è stata costruita.
Oggi la dissoluzione della grande infrastruttura militare, pensata come una porosa trincea nei confronti del comunismo dilagante oltreconfine, pone molti interrogativi sul significato e sui tempi del riuso di ampie porzioni del territorio per qualche decina di anni separate e funzionalizzate per gli scopi militari.
Il Friuli Venezia Giulia è stata la regione italiana militarizzata per eccellenza, ma oggi lo svuotamento e gli abbandoni avvengono con la più inconsapevole disattenzione dell’opinione pubblica. La regione delle caserme si sta trasformando in quella delle macerie e dei boschetti che avvolgono quelle che un tempo erano le caserme nelle quali intere generazioni di italiani hanno sprecato parte della loro vita attendendo “tartari” che non sono mai arrivati. Il disegno delle dismissioni resta privo di significato per molti, così come è difficile ricostruire il quadro dei presidi militari e delle ragioni difensive espresse da una non chiara geografia e categorizzazione dei siti. Caserme, poligoni, osservatori, polveriere, magazzini, postazioni con armi pesanti si confondono e rimangono incastrati come fossili nella diffusione insediativa del secondo dopoguerra.
24 sabato Gen 2015
Posted libri
inTrovare, un percorso inaspettato è l’inestimabile regalo che ti fa la letteratura che – notoriamente – è l’unica forma del leggere che “non serve a niente”.
e adesso andiamo a “inpirar” tre libri…
Anche chi non ha letto il libro sa di cosa tratta l’ultimo romanzo dello scrittore francese uscito il giorno stesso della strage degli autori di Charlie Hebdò.
Si ipotizza che nel 2017 in Francia, dopo le elezioni, il primo partito per numero di voti sia il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, e che, contemporaneamente, il primo ministro sia il leader del partito della Fratellanza Mussulmana. Per quanto si pongano su versanti contrapposti le due forze politiche sono per molti versi sovrapponibili mentre ne escono polverizzate le formazioni politiche laiche ed illuministe e la distinzione classica fra destra e sinistra. Ma non ci si deve aspettare – secondo quel che ci si potrebbe attendere dallo scrittore più volte accusato di islamofobia – una Francia messa e ferro e fuoco dagli esclusi; dalla “feccia” come Sarkosy aveva graziosamente appellato gli abitanti delle banlieux durante le rivolte del 2005. Michel Houellebecq con sottigliezza cambia radicalmente il punto di vista… Non sarà una rivolta ma una reazione! Una involuzione soft… In Francia si instaura, in modo pervasivo e persuasivo, una società autoritaria e gerarchica, dove i traballanti ruoli di genere sono riconfermati in modo eclatante e i bisogni “spirituali” rinverditi da nuova linfa.
L’esausto protagonista non ci metterà poi molto a “convertirsi”; non si sà se ha messo nel conto le 72 mitiche vergini che lo aspettano in paradiso, per ora potrà comunque avere due, tre mogli nella terragna Parigi… Detta così sembra un romanzo grottesco, ma in realtà non lo è – se non per i soggetti perdenti (nel caso le donne); il professore universitario, protagonista del romanzo, rappresenta in modo convincente il tipo dell'”ultimo uomo” anche se se ce l’ha con Nietsche che chiama “la vecchia bagascia”, completamente “denudato” dal laicismo e dall’illuminismo, in cerca di risposte che il cristianesimo – passato al filo della secolarizzazione – non riesce più a dare. Così gli toccherà buttare alle ortiche il suo “mentore” lo scrittore che da sempre lo ha idealmente accompagnato.. Si tratta di Joris Karl Huysmans che Houellebecq intelligentemente usa come controcanto, come “segnalino” dell’impossibilità per il protagonista di trovare risposte nella religione cattolica…
Lascio Sottomissione e seguo per un po’ l’autore di A Rebours, misconosciuto ai più e dichiarato insieme al suo cenacolo “ormai illeggibile” da chi lo legge per mestiere… Anche in questo caso è facile sapere di cosa parli il suo libro più famoso, Controccorrente (1884); della tarturuga con il carapace rivestito di pietre multicolori, dell’ossessione del protagonista, Des Esseintes, per la cura manicale e mortifera della sua residenza/rifugio dal mondo… (D’Annunzio e la carcassa gigante della tartaruga morta di vecchiaia sulla tavola della sua sala da pranzo a Gardone, vi ricorda qualcosa?). Ma non è tanto la trama, quanto la struttura compositiva a rendere unico il libro di Huysmans. Questo aspetto ce lo ricorda il protagonista di Houllebecq il cui vertice creativo è un testo critico Vertigine dei neologismi dedicato alla lingua di Huysmans.
Il protagonista di Sottomissione è d’accordo con lo scrittore Barbey d’Aurévilly che di Controcorrente disse: «Dopo un libro tale non resta altro all’autore che scegliere tra la canna di una pistola e i piedi della croce». Huysmans fra le due alternative scelse la croce. Impossibile, invece, per un professore parigino, genialoide, incapace di amare e di farsi amare, ultimo epigono di più di 200 anni di laicismo, inginocchiarsi ai piedi di una croce senza sfiorare il ridicolo; effettivamente non rimane che l’islamismo che ancora sembra vibrare di autenticità per non parlare dei benefici collaterali di cui sopra…
Eppure, eppure, questo Controcorrente è una esplorazione da fare… senza dubbio. E il nostro acido professore parigino – senza volerlo – o forse no – me ne ha fatto innamorare…
Con un balzo spericolato Huysmans ci porta nel Kansas il cuore piatto degli Stati Uniti. Quando mi è ricapitato fra le mani Prateria un libro letto e molto amato quasi 20 anni fa, sono rimasta sopresa che il sulfureo, decadente francese fosse uno dei numi tutelari di William Least Heat-Moon lo scrittore di origine pellerossa. Prateria è un libro di viaggio davvero singolare, anzi unico. Costruito a capitoli che esplorano – in profondità – con sguardo minuzioso e preciso una zona – il Kansas – che proverbialmente sembra un luogo in cui non c’è nulla da scoprire… Anzi il cerchio si restringe e lo sguardo zumma su una piccola contea – la Chase Country – alla ricerca del genio del luogo costruendo una “carta topografica di parole” di quasi 700 pagine! Tanto per capirci qui si descrive ogni filo d’erba, si racconta ogni storia, si solleva ogni zolla di terra, si segue ogni traccia indiana…
Un viaggio davvero appassionante! W.L. Heat-Moon suddivide il suo testo in dodici sezioni e ad ogni sezione premette un florilegio di citazioni e piccoli testi che chiama con echi fra Flaubert e Melville “Dal libro dei luoghi comuni”. Ed ecco la citazione da Huysmans:
Sorgono vaghe spinte migratorie che vengono soddisfatte dalla riflessione e dallo studio. Istinti, sensazioni e inclinazioni che l’uomo ha ricevuto in eredità si risvegliano, prendono forma e s’impongono con autorità imperiosa. L’individuo comincia e ricordare persone e cose mai conosciute personalmente finché, a un certo momento, rompe la prigione del proprio secolo e vaga liberamente in altre ère.
Joris-Karl Huysmans, Controcorrente (1884)
Trasuda un po’ di spiritismo, ma a ben vedere un qualche carattere sottile e magico Huysmans deve alla fine averlo per navigare controcorrente e servire discorsi così agli antipodi.
21 domenica Dic 2014
Posted libri
inCari amici
Vi ricordiamo il secondo appuntamento pordenonese con Luoghi&Territori
Se la Smart City è la citta che agisce attivamente per migliorare la qualita della vita dei propri cittadini, concetto molte volte proposto durante la redazione del PRG di Pordenone, la Smart Land è
“un ambito territoriale nel quale attraverso politiche diffuse e condivise si aumenta la competitivita e attrattivita del territorio, con una attenzione particolare alla coesione sociale, alla diffusione della conoscenza, alla crescita creativa, all’accessibilita e alla liberta di movimento, alla fruibilita
dell’ambiente (naturale, storico-architettonico, urbano e diffuso) e alla qualita del paesaggio e della vita dei cittadini”. Un concetto che sembra calzare a pennello con il caso della conurbazione pordenonese e con una prospettiva ottimistica di resilienza e rigenerazione territoriale.
Convinti che discutere di questa prospettiva territorialista sia particolarmente utile in questo momento abbiamo invitato due dei curatori del volume uscito per Marsilio dal titolo Dalla smart city alla smart land.
Per scaricare il manifesto usate questo indirizzo:
82.145.172.119/media/attach/2014/02/Poster_Smart_Land.pdf
Interverranno:
Roberto Masiero è professore di storia dell’architettura allo IUAV di Venezia, studioso delle arti e delle scienze nel quadro di una generale storia delle idee e della politica. Ha pubblicato numerosi testi editi in diverse lingue e curato significative mostre d’arte. Nel 2002 è stato direttore artistico nella sezione Neuchâtel dell’Expo internazionale svizzera. È nel Comitato scientifico della Fondazione Francesco Fabbri di Pieve di Soligo e nel Comitato direttivo della Fondazione Collodi di Pescia.
Federico della Puppa è professore di Economia e Gestione delle Imprese all’Università IUAV di Venezia. E’ consulente di Assodimi e Cresme e alterna l’attività di insegnamento e ricerca con quella professionale. Con Roberto Masiero ha elaborato il poster della Smart Land che ha fornito l’occasione per la produzione del libro con Aldo Bonomi.